Elena PontiggiaElena Pontiggia

It’s needed an art critic should also be competent about the religious history and his doctrine. An art critic that doesn’t understand the Christian spirituality, becomes defaulted.

L’arte non vuole troppi aggettivi, e nemmeno la critica li vuole. Anche la critica d’arte sacra deve essere prima di tutto critica d’arte, altrimenti non sarà nemmeno critica d’arte sacra.
Non credo in una critica d’arte sacra separata come in un ghetto dalle altre, credo invece in una critica competente di dottrina e di storia religiosa.
Mi spiego meglio con un esempio. C’è un quadro di Severini, L’ange ravisseur, 1934, che l’artista presenta alla Quadriennale di Roma del 1935 e che è dedicato al figlioletto morto da poco. Nella composizione il bambino è portato in cielo da un angelo, tra alcuni elementi simbolici. Uno di questi è il volto di una suora, ripreso con precisione da una fotografia. Molti critici, commentando il dipinto all’epoca, ma anche in tempi più recenti, hanno descritto il particolare pressappoco così: “Si vede la foto di una monaca”. In realtà si trattava di Santa Teresa del Bambin Gesù, e Severini con quella icona intendeva alludere alla particolare spiritualità della Santa, oggi Dottore della Chiesa, cioè allo spirito d’infanzia che è necessario per entrare nel Regno dei Cieli. Sono nozioni che non si trovano sui libri di storia dell’arte, ma senza conoscerle la critica diventa inadempiente.