Ismail TaspinarProf. Dr. Ismail Taspinar
Université de Marmara, Faculté de Théologie
Département d’Histoire des Religions

Il Corano come parola (Kalâm) rivelata di Dio è stato sempre l’oggetto venerato dai musulmani con il quale tutto diventa sacro. La Scrittura (Kitâb) che è la trasmissione di questa parola è il simbolo per eccellenza della ‘parola divina’. Negli anni che hanno seguito la morte del Profeta, le discussioni sul fissare un testo canonico non hanno cessato di impegnare i suoi compagni successori (Khalifa). Anche se c’era una distinzione tra la trasmissione del Corano su dei supporti materiali (Mushaf) e la parola stessa (Coran), il rispetto che gli viene accordato ci permette di percepirne l’importanza, la venerazione che i musulmani danno alla ‘Scrittura’ (Kitâb) dall’ inizio dell’Islam. I collegamenti tra il messaggio rivelato e la scrittura che è in un certo senso il ‘simbolo’ di questo messaggio, sono assolutamente particolari. Ma, sul modello della Scrittura (Kitâb) –come custodia della verità-, la scrittura che ce lo trasmette è anch’essa considerata sacra.1 Così, tutto il materiale sul quale sono scritti dei versetti del Corano diventa ipso facto ‘l’intermediario’ attraverso cui questa verità si trasmette.

 

1. Solange Ory, ‘Du Coran Récité au Coran Calligraphié’, Les usages du Coran. Présupposés et Méthodes: Formgebrauch des Korans. Voraussetzungen und Methoden, Arabica, 2000, T. 47, Fasc. 3, p. 368.

 

La moschea è uno spazio il cui accesso può essere diverso a seconda di modalità che hanno subito variazioni fino al giorno d’oggi. Questo spazio è riservato ai credenti per le loro attività religiose ed alcune pratiche contemporanee. L’interno comprende in generale una corte ed uno spazio coperto in cui ci sono dei punti fissi con valore pratico e simbolico (a volte entrambi) come il minbar (luogo di preghiera del venerdì), il mihrab (luogo dove l’imam dirige la preghiera), il minareto (luogo dove si fa la chiamata alla preghiera), la maqsura o hunkar mahfili presso gli ottomani (il luogo privato e riservato al sovrano) e altri elementi di minore importanza. Secondo Oleg Grabar, nessuno di questi elementi, a parte il mihrab, ha avuto una storia continua e nessuna di queste storie è stata ancora scritta.2 Non si può che aderire a quello che ha sostenuto Grabar. Ma c’è un altro aspetto che la storia dell’arte islamica non ha ancora studiato: è la calligrafia che decora le architetture islamiche. Questo modesto lavoro vuole attirare l’attenzione, per quanto possibile, a quell’ aspetto storico e funzionale della calligrafia entro i limiti della scritture di alcune moschee di Istanbul.

 

2. Oleg Grabar, ‘La Mosquée et le Sanctuaire: Sainteté des Lieux en Islam’, Revue de l’Histoire des Religions , Octobre – Décembre 2005, Vol. 222, No. 4, p. 486.

 

In generale l’arte islamica è un’arte decorativa. Anche se da una parte l’ornamento è stato considerato come una caratteristica secondaria, la calligrafia è essa stessa un ornamento di bellezza ed un monumento a sè stante. Oleg Grabar, propone di definire l’ornamento nell’architettura islamica come una forma intermedia che rende possibile la trasmissione della comunicazione visuale di un messaggio sociale e politico a seconda del suo utilizzo. É esattamente quella che è stata la funzione delle calligrafie utilizzate negli edifici. E non solo i luoghi pubblici come i sérails, le turbés, i caravanserragli, le fortezze, i bastioni, le konaks, le yalis, le graziose fontane ed i castelli ma anche i luoghi religiosi e più precisamente quelli che si trovano nelle moschee.3

 

3. Pour les descriptions et les productions détaillés sur ces bâtiments grandioses, voir: Jean Pozzi, ‘Splendeur de l’Art Turc’, Hommes et Mondes , AVRIL 1953, No. 81, p. 92; André Blum, ‘Splendeur de l’Art Turc’, Revue des Deux Mondes, Paris, 1953), pp. 149.

 

La funzione sociale e comunitaria delle moschee non poteva essere trascurata. Anche se l’intensità della pratica musulmana nelle moschee e del luogo di preghiera (masjid) varia a seconda dell’ora e del luogo. Le moschee sono dei luoghi dove si può pregare da soli o con la comunità non importa dove e non importa quando. Le moschee sono anche dei luoghi di incontro individuale e collettivo. Le numerose funzioni urbane soddisfatte dalle moschee, le rendono uniche. É esattamente per questo che la moschea è stata luogo di per eccellenza di trasmissione del messaggio tanto religioso quanto politico.4

 

4. Oleg Grabar, ‘La Mosquée et le Sanctuaire: Sainteté des Lieux en Islam’, Revue de l’Histoire des Religions , Octobre – Décembre 2005, Vol. 222, No. 4, p. 486.

 

Le iscrizioni calligrafiche che si trovano in tutte le moschee ottomane come ornamento comprendono dei messaggi che danno un senso particolare a quella moschea o che cercano di ispirare i credenti con una realtà preconcetta dai loro costruttori. Anche se non sappiamo come queste forme ed il senso che possiamo attribuire loro sono stati percepite nel corso dei secoli dai loro interlocutori, è tuttavia non discutibile che questi elementi artistici abbiano giocato un ruolo maggiore nella trasmissione della ideologia ufficiale.5

 

5. Oleg Grabar, ‘La Mosquée et le Sanctuaire: Sainteté des Lieux en Islam’, Revue de l’Histoire des Religions , Octobre – Décembre 2005, Vol. 222, No. 4, p. 486.

 

Lo spazio, la decorazione, le attività ed i simboli sono gli elementi costitutivi in ogni moschea. All’interno di questi elementi la calligrafia come decorazione e ornamento del luogo sacro è un elemento santo o sacro in sé, ma può anche trasformarsi allo stesso tempo in una cosa che trasmette un messaggio di avvenimenti esterni. Si è spesso sottolineata la funzione pedagogica della calligrafia. Per esempio abbiamo spesso detto che grazie alla calligrafia, il Corano è stato senza interruzione presente nella via di ogni musulmano; che i versetti calligrafici ornano i muri delle moschee, i fusti dei minareti, le lampade in vetro e i lampadari in bronzo sospesi al soffitto, le cornici del mihrab e la base delle cupole che sono un invito permanente alla recita della Parola divina. Oltre al suo valore estetico queste calligrafie avevano anche una missione pedagogica che proclamava i grandi dogmi della fede islamica.6 Ma in tutto questo è stato omessa, in un modo o in un altro, la dimensione teologico – politica e ideologica di quelle calligrafie.

 

6. Solange Ory, ‘Du Coran Récité au Coran Calligraphié’, Les usages du Coran. Présupposés et Méthodes: Formgebrauch des Korans. Voraussetzungen und Methoden, Arabica, 2000, T. 47, Fasc. 3, p. 376.

 

La presenza delle tombe dei santi può essere uno dei motivi di sacralizzazione delle moschee. Ma la presenza delle decorazioni calligrafiche non ha solamente la possibilità di dare una carica religiosa ma anche di politico ideologica. Questo è spesso passato inosservato agli storici. Per le moschee ottomane, questa doppia funzione delle calligrafie è una delle funzioni visuali più importanti nel luogo di preghiera e specialmente nelle grandi moschee. Queste scritture, in generale, composte dai versetti del Corano, sono nella maggior parte dei casi, dei messaggi politici ed ideologici, nella migliore delle ipotesi politico religiosi. Sono politici per la loro evocazione del potere dell’autorità suprema del governatore che è il sultano. Sono ideologici per la loro definizione dei principi dello stato che è il sunnismo, il dogma ufficiale dell’Impero. Sono politico religiosi per la loro identificazione dei messaggi politici vissuti con i messaggi religiosi coranici. Come ad esempio la sacralizzazione delle glorie e delle conquiste dell’impero. Questo uso delle calligrafie per fini politici ed ideologici è generalmente presente nelle moschee costruite dal sultano e dagli uomini di alto grado dell’Impero Ottomano. I titoli di seguito cercheranno di dare alcuni esempi riguardo alle funzioni citate sopra delle calligrafie.7

 

7. Pour les versets calligraphiés utilisés comme exemple dans notre article voir: Murat Sülün, Hatları ve Kitabeleriyle Âbidevî İstanbul Camileri, t. 1-2, İstanbul 2018.

 

I. Il Dogma Ufficiale dello Stato: Islam e Sunnismo

L’Islam in generale ed il sunnismo in particolare sono stati l’ideologia fondamentale dell’impero Ottomano. Questa ideologia è stata scrupolosamente forgiata e rappresentata in tutte le sfere teologico-politiche dell’Impero. Dal punto di vista della religione l’Impero ottomano è stato il paese del comandante dei musulmani e il sultano che è il Califfo come successore del Profeta è stato il più alto rappresentante dell’Islam per eccellenza contro le infedeltà che sono in generali i Cristiani. D’altra parte l’Impero Ottomano è stato anche il guardiano della fede autentica che è il Sunnismo contro l’eretico per eccellenza che è lo Sciismo incarnato dall’Iran Safavide. Di conseguenza l’Islam in particolare e le religioni erano un affare rilevante dello Stato e non dei religiosi o della comunità dei credenti. Così, integrando gli studiosi in scienze religiose (les oulémas) nel corpo dello Stato, l’ Impero controllava, in nome del sultano che è il Califfo, gli affari e lo spazio religioso attraverso l’istituzione chiamata Şayhu’l-Islam (la presidenza dell’Islam). Questa monopolizzazione dello spazio religioso aveva anche lo scopo di impedire che fosse rilevato da altri attori non sunniti, da dinamiche autonome o da contestazioni religiose della comunità musulmana vale a dire lo Sciismo e le sue diramazioni verosimilmente legittimato dal sacro riferimento ritenuto ‘eretico’, (zındık).8 Quindi, questi due aspetti teologico-politici di cui L’Islamismo ed il Sunnismo dell’Impero Ottomano, vanno ad essere presenti con le scritture calligrafiche di tutte le moschee senza eccezioni.

 

8. Sur l’aspect ‘sunnite’ ou ‘orthodoxe’ de l’Empire Ottoman et son utilisation comme instrument potlitique pour administrer l’espace publique et le rôle des hérétiques jugé non-orthodoxe (zındık) voir: Ahmet Yaşar Ocak, Osmanlı Toplumunda Zındıklar ve Mülhidler: 15-17 Yüzyıllar, İstanbul 1998; Hamit Bozarslan, Histoire de la Turquie, De l’empire Ottoman à Nos Jours, Paris 2013, s. 43-47.

 
La calligrafia della proclamazione dell’ ‘unità di Dio e di Muhammed come il profeta di Dio’ che si trova sull’intelaitura della porta del minber che è il luogo dove la preghiera del Venerdì viene fatta dall’imam, è il testo fondatore dell’impero ottomano. É passando da questa porta che l’imam deve predicare i principi della religione e deve dare i consigli d’accordo con la politica dell’Impero.

Nimber
Le Mimber de la Mosquée Suleymaniye (1557)
cadre
Le cadre de la proclamation de l’Unité de Dieu et du Prophète Muhammed
(Kelime-i Tevhid)

 

Il secondo principio ideologico dell’Impero Ottomano che è il Sunnismo è articolato non solo nell’introduzione della preghiera del Venerdì ma anche scrupolosamente calligraficato su tutto il contorno della cupola delle moschee. Queste calligrafie che ornano il contorno di queste cupole sono composte dai nomi dei quattro primi califfi dell’Isam sunnita che sono Abou Bekir, Omar, Osman et Ali. Secondo gli Sciiti i primi tre califfi hanno usurpato il diritto califfale di Ali che è il genero ed il nipote del Profeta. Sempre secondo questi ultimi, il Profeta ha predetto e scelto Ali come il primo ‘Imam’. Questa disputa che è stata vissuta lo stesso giorno della morte del Profeta e durante il primo secolo dell’Islam, sarà all’origine dell’ideologia teologico-politica delle due grandi potenze deli paesi musulmani che sono l’Impero Ottomano e l’Iran Safevide. Questa rivalità tra queste due culture politico-religiose si concretizzerà con l’affermazione dei quattro califfi da parte del sunnismo che diventerà l’ideologia dell’Impero Ottomano.9 Le più belle calligrafie che comportano i nomi dei quattro primi califfi sono i famosi pendenti che si trovano sotto la cupola della moschea di Santa Sofia ad Instambul.

 

9. À propos de l’idéologie du ‘Califat’ et du ‘Sunnisme’ dansl’Empire Ottoman voir: Hamit Bozarslan, ‘Sécularisme, Religion Et Nation: Les Cas Turc, Pakistanais Et Israélien’, Esprit, no. 333 (3/4), 2007, pp. 236.

 

Sofia
Les noms des quatres premiers califes sur les pendentifs, Mosquée Sainte Sophie

II. L’Autorità Assoluta del Sultano e dell’Impero

Il sultano ottomano è l’ombra di Dio sulla terra ed il successore (il Califfo) del profeta Muhammed. Grazie a questo stato di rappresentate supremo dell’Islam e dei musulmani, il sultano è il gioiello dell’impero e l’obbedienza alla sua autorità è concepita come obbedienza a Dio ed al suo Profeta. Questo messaggio è dettato accuratamente attraverso i versetti del Corano e calligrafato su dei pannelli che ornano le moschee imperiali.

sultan
‘Le Sultan est l’ombre de Dieu sur la terre’, Mosquée Ulu Camii à Bursa (1400)
Les croyants
‘Ô les croyants! Obéissez à Dieu, obéissez au Prophète et à vos gouverneurs’, (Coran, 4/59)

L’universalità dell’Impero è una idea che è rivendicata ed espressa in più riprese. La nozione dell’autorità assoluta di Dio che è articolata nel versetto della Trône (Ayat al-Kursî) viene ripresa e ripetuta spesso nelle grandi moschee imperiali come espressione del potere e della dominazione universale dell’Impero.10 Il testo del versetto della Trône calligrafato orna da un’estremità all’altra i muri delle moschee eretti durante il periodo di massimo splendore dell’Impero Ottomano (15.-16. Secolo). La moschea di Fatih costruita dal Sultan Conquéreur Mehmet II e la moschea di Suleymaniye (1557) costruita dal Sultan Soliman le Magnifique sono le due moschee dove si può osservare il carattere dominante di queste calligrafie.
 

10. Murat Sülün, Hatları ve Kitabeleriyle Âbidevî İstanbul Camileri, t. 2, İstanbul 2018, p. 73.

 

 

verset
Calligraphie du verset de la Trône, Mosquée Suleymaniye (1557)

E per garantire questa obbedienza senza contestazione, una parola (presumibilmente attribuita al Profeta) secondo la quale ‘Pio o no, qualunque sia la propria vita personale è strettamente ordinato obbedire al Sultano’ è ritrasmessa dai pannelli che decorano i muri delle moschee imperiali.

Obéissez
‘Obéissez aux dirigeants et faites la prière derrière les imams, sans faire d’exception!’, Mosquée Nusretiye (1826)

III. La Gloria dello Stato Conquistatore

L’Impero Ottomano guidato e diretto dal rappresentante del Dio Assoluto aveva di conseguenza il diritto assoluto di conquistare il mondo intero che apparteneva al suo Creatore che è L’Unico Dio. Questo perché le guerre fatte in nome del Sultano sono in realtà realizzate in nome di Dio e per questo chiamate ‘djihad’. La vittoria e la conquista sono anche considerate come un segno dell’aiuto e della presenza di Dio. Così sacralizzata, la guerra contro i nemici e gli infedeli diviene il principio della politica dell’Impero Ottomano che non può essere che sostenuta dalla partecipazione dei credenti.

La conquista più emblematica della storia Ottomana è la conquista di Costantinopoli dal Sultan Mehmet II che prenderà il nome di ‘Conquérant’ (Fatih). La moschea costruita per la commemorazione di queste conquiste che erano state predette dal Profeta, prenderà il nome della ‘Mosquée du Conquérant’ (Fatih Camii). L’ideologia della conquista perpetua è sostenuta dai versetti e le parole del Profeta iscritti sulle mura delle grandi moschee imperiali vale a dire la Mosquée de Fatih (1470) e la Mosquée de Şehzade (1548). Quindi i versetti che si trovano nella sura de ‘la Conquête’ (Fetih) che raccontano la conquista de La Mecca effettuata dal Profeta, sono recuperate per legittimare le conquiste realizzate dall’Impero Ottomano.

verset
Calligraphie du verset de la Victoire (sourate 61/13), Mosquée Fatih (Le Conquéreur) (1470)

Conquête
Calligraphie du verset de la Conquête (sourate 48/1), la Mosquée Şehzade

IV. La Giustizia dello Stato-Provvidenza

La giustizia è formalmente inscritta in tutti gli edifici pubblici ed ufficiali dell’Impero. Le calligrafie che riguardano la giustizia dello Stato hanno come missione invocare l’importanza della ‘giustizia’ per la sostenibilità della religione come ideologia, del Califfato come capo dei credenti e la continuazione di nuove conquiste. Per l’Impero Ottomano, la realizzazione della giustizia si faceva tramite l’intermediazione dell’applicazione della legge che è la ‘Charia’. Così il popolo è invitato ad eludere l’applicazione della Charia per poter regnare la giustizia. Nell’Impero Ottomano la charia non si limitiva ai precetti che si trovano nei versetti del Corano o nelle parole del Profeta. I decreti, i ‘firmans’ e le regole (kanun) che costituivano le leggi indette dal Sultano che è il rappresentante di Dio sulla terra ed il Califfato come successore del Profeta, erano considerati come aventi la stessa autorità nella Charia. I credenti erano costantemente invitati ad obbedire al Sultano che è lo stesso che obbedire a Dio, dai sermoni e dalle calligrafie che ornano i muri delle moschee. Perchè, secondo la parola del profeta, i decreti e i regolamenti promulgati dal sultano non sono altro che ispirazioni divine.

Rois
‘Les Rois sont inspirés par le divin’, la Mosquée Lâleli (1763)

Bibliografia

1. Michel Chodkiewicz, ‘Les musulmans et la Parole de Dieu’, Revue de l’histoire des religions, tome 218, n°1, 2001, pp. 13-31.
2. Hamit Bozarslan, ‘Sécularisme, Religion Et Nation: Les Cas Turc, Pakistanais Et Israélien’, Esprit, no. 333 (3/4), 2007, pp. 235–241.
3. Solange Ory, ‘Du Coran Récité au Coran Calligraphié’, Les usages du Coran. Présupposés et Méthodes: Formgebrauch des Korans. Voraussetzungen und Methoden, Arabica , 2000, T. 47, Fasc. 3. pp. 366-380.
4. André Blum, ‘Splendeur de l’Art Turc’, Revue des Deux Mondes, Paris, 1953), pp. 148-152.
5. Jean Pozzi, ‘Splendeur de l’Art Turc’, Hommes et Mondes, Avril 1953, No. 81, pp. 87-94.
6. Houari Touati, ‘Introduction: La Calligraphie Islamique entre écriture et Peinture’, Studia Islamica , 2003, No. 96, Écriture, Calligraphie et Peinture (2003), pp. 5- 18+III-V.
7. Corinne Bonnet – Oleg Grabar, ‘Entretien avec Oleg Grabar: L’art islamique et l’Antiquité’, Anabases , 2010, No. 11 (2010), pp. 205-216.
8. Oleg Grabar, ‘La Mosquée et le Sanctuaire: Sainteté des Lieux en Islam’, Revue de l’Histoire des Religions , Octobre – Décembre 2005, Vol. 222, No. 4, pp. 481-489.
9. Oleg Grabar, The Formation of Islamic Art, Yale University Press, 1978.
10. Annemarie Schimmel, Calligraphy and Islamic Culture, London, 1990.
11. Şenay Özgür, Oleg Grabar ve İslam Sanatı Yorumu, İzmir 2007.
12. Georges Charensol, ‘Les Beaux-Arts, L’Islam a Paris’, La Nouvelle Revue des Deux Mondes, JUILLET 1977, pp. 174-178.
13. Titus Burckhardt, L’Art de l’Islam, Langage et Signification, Paris 1985.
14. Murat Sülün, Hatları ve Kitabeleriyle Âbidevî İstanbul Camileri, t. 1-2, İstanbul 2018.
15. Ahmet Yaşar Ocak, Osmanlı Toplumunda Zındıklar ve Mülhidler: 15-17 Yüzyıllar, İstanbul 1998.
16. Hamit Bozarslan, Histoire de la Turquie, De l’empire Ottoman à Nos Jours, Paris 2013.