simone morandiniSimone Morandini

The author reflects on the value of the gaze, of seeing and perceiving, of experiencing the beauty of the Creation and of how much everything in the Creation is related. The ecological crisis is the result of human blindness, of the inability to see God’s gaze on man, on the Creation and to recognize that we are linked up with each other.

A più di sei anni dall’uscita dell’Enciclica Laudato Si’ essa conserva tutta la sua forza e la sua attualità. Anche l’uscita della successiva Fratelli Tutti non l’ha certo ridotta, ma piuttosto accentuata: è il testo più citato in nota dell’enciclica sull’amicizia sociale, che anzi vede alcune delle categorie qualificanti direttamente riprese da quella sulla cura della casa comune. Lo stesso papa Francesco ha, del resto, offerto, esplicite indicazioni in tale senso, con l’indizione nel 2020 di un ”anno speciale Laudato Si’” a cinque anni dalla sua pubblicazione e – alla sua conclusione – di un rilancio, con un intero settennio dedicato all’Enciclica.1.

1. Un’esperienza sensibile

Tra le molte chiavi che si possono assumere per avvicinarsi a LS, una può certo essere quello che si lascia guidare dai molti modi in cui essa si avvale di riferimenti allo sguardo, al vedere ed al percepire. Con tale attenzione essa non fa, del resto, che porsi alla scuola di una Scrittura che – per esprimere la bontà del mondo – indica per sette volte (un numero di perfezione e totalità) lo sguardo del Creatore che si posa su di esso bene-dicendola (Gen. 1, 1-2,3). In LS tale dinamismo ci si presenta fin dal numero 1, che parla della casa comune come di una “madre bella”, facendo proprio lo sguardo di lode di Francesco d’Assisi; il n.2, d’altra parte, fa riferimento ad una violenza che colpisce la terra, madre e sorella, e che “si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua e nell’aria degli esseri viventi”. Parole come “bella”, “manifestazione”, “avvertire” evidenziano come il punto di partenza del lungo percorso condotto da papa Francesco nell’Enciclica non sia tanto un riferimento filosofico o teologico, ma un’esperienza sensibile. È come se riprendesse lo stile di Gesù di Nazareth che, per invitare i discepoli alla fiducia nella cura divina, li invitava a guardare, volgendo il loro sguardo agli uccelli del cielo ed ai gigli del campo (Lc. 12, 22-34; cf. anche LS n. 226).

La stessa attenzione ad offrire riferimenti concreti per rendere percepibili i concetti più elaborati del percorso di riflessione la troviamo pure nell’indicazione di Francesco d’Assisi come “esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia ed autenticità” (n. 10): come un’icona, in cui trova espressione concreta quella che è una complessa categoria chiave di LS. Il riferimento francescano si intreccia qui con uno stile argomentativo che dalla tradizione spirituale ignaziana ha appreso l’importanza dei sentimenti, delle immagini. Non a caso lo stesso n.11 evidenzia come l’”apertura allo stupore e alla meraviglia” non sia un mero “romanticismo irrazionale”, ma una convinzione che “influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento” anche proprio in relazione alla natura ed all’ambiente.

Va, però, anche notato che l’esperienza cui si fa riferimento nei nn.1-2 è duplice ed anzi caratterizzata da una forte dimensione contrastiva: allo stupore per la bellezza si intreccia la percezione di una violenza e di una lacerazione. Potremmo tra l’altro vedere anche i primi due capitoli di LS come ampliamenti ed esplicitazioni di tali indicazioni (pur in ordine invertito): se il primo fa uso del linguaggio delle scienze dell’ambiente per intendere in modo più articolato il grido della terra – fino a lamentare “l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione” (n. 89) – il secondo colloca l’esperienza di bellezza del n.1 nello spazio luminoso della fede in Dio come creatore. L’esperienza di contrasto viene dunque espansa nella sua portata e meditata nei suoi contenuti. È così possibile dispiegare, a partire da essa, l’intero asse concettuale dell’Enciclica: qui si innesta una chiamata alla responsabilità – ed, anzi, alla corresponsabilità – ed alla cura (due categorie chiave che, come già accennavamo, avranno un’analoga centralità in Fratelli Tutti).

2. Uno sguardo sul mondo

Potremmo dunque leggere l’intera LS come un dispiegamento dell’appello celato in tale intensa esperienza sensibile. Tale dispiegamento viene però elaborato nel capitolo II in prospettiva decisamente teologica, nello spazio di un ampia rilettura delle Scritture ebraico-cristiane, centrata sulla fede nel Creatore che le caratterizza. Non si tratta peraltro di un approccio ingenuo o fondamentalista, che pretenda di trovare immediatamente nella datità dei testi risposte ai problemi della contemporaneità, né tantomeno di porli in concorrenza col sapere offerto dalle scienze della natura. Nessuna ingenuità epistemologica: Francesco sa bene che ciò che essi offrono nel loro caratteristico linguaggio simbolico è soprattutto uno sguardo sapienziale, teso a cogliere il senso del reale che abitiamo (nn.65-66) – lo stesso che le scienze naturali indagano con la competenza loro propria. E tuttavia “per la tradizione ebraico-cristiana dire ‘creazione’ è più che dire natura” (n.76); guardare al mondo in tale prospettiva, infatti, significa coglierlo come “un dono che scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti, come una realtà illuminata dall’amore che ci convoca ad una comunione universale” (ivi).

La fede nel creatore qualifica, dunque, uno sguardo sul mondo che sa percepirne la bellezza, riconoscendone al contempo la natura di dono, di realtà che “appartiene all’ordine dell’amore” (n. 77); la pratica della benedizione ai pasti, condivisa con la tradizione ebraica, è un modo di portare quotidianamente a parola tale esperienza vitale (n.227). È un “vedere come” dalle forti implicazione per la prassi; è un ri-conoscere il valore intrinseco di ogni creatura, che merita quindi reverenza e rispetto; è un’ottica, che porta in sé un’etica.

Per questo LS può dedicare una pur breve sezione anche ai sacramenti, meditandone la forza simbolica e rivelativa, indicando nella tradizione del cristianesimo orientale un’attenzione particolare per la custodia di una bellezza che media tra la quotidianità dei segni e il mistero di un amore che si dona (n.235), di una “grazia che tende a manifestarsi in modo sensibile” (n. 236). C’è qui come una mistagogia della creazione, che muove all’amore ed alla cura per essa. Lo sguardo riconoscente animato dalla gratitudine è, infatti, il migliore antidoto a quello che l’ecoteologa anglicana Sallie McFague (1933-2019) chiamava lo sguardo arrogante2, orientato al dominio e allo sfruttamento – a quello che papa Francesco definirà “antropocentrismo dispotico” (n. 68).

3. Scoprire le relazioni

C’è però un altro elemento che LS sottolinea con forza: quella che scopriamo nella contemplazione del creato è una comunione creaturale, che proprio nella sua diversità interconnessa ci parla di Dio; “nessuna creatura resta fuori da questa manifestazione di Dio: ‘Dai più ampi panorami alle più esili forme di vita, la natura è una continua sorgente di meraviglia e di reverenza’” (n. 85). Anche per questo ogni creatura è preziosa, perché manifesta una dimensione del mistero di Dio che altre possono esprimere in modo meno intenso (n. 86): un’etica della biodiversità trova qui un fondamento forte, già peraltro attentamente esplorato da ecoteologi come l’australiano Dennis Edwards (1943-2020)3.

E anche c’è di più, qualcosa che cogliamo se impariamo a percepire la profonda relazionalità che lega le creature; se comprendiamo che “noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (n. 89); se scopriamo che “tutto è in relazione” (n. 92). Qualcosa che il capitolo IV esprimerà in un linguaggio forse meno intenso, ma più ampio nella sua capacità di interpellazione, nel momento in cui espliciterà tale relazionalità a partire dall’esperienza scientifica del mondo, andando così ad articolare la categoria di “ecologia integrale”.

Anche in tale relazionalità lo sguardo credente scoprirà una dimensione ulteriore: “credere in un Dio che è comunione trinitaria porta a pensare che tutta la realtà porta in sé un’impronta propriamente trinitaria” (n. 239), Così la “trama di relazioni” di un mondo creato secondo il modello divino, porta in sé una traccia di quella relazionalità fondante che lo caratterizza ed invita a “maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità” (n. 240).

4. Una fondazione estetica per l’etica ambientale?

La nostra lettura di LS potrebbe dare l’impressione che essa fondi il proprio appello per la cura della terra su una prospettiva estetica; che essa possa cioè essere letta in continuità con l’approccio di quello che è uno uno dei padri fondatori dell’etica ambientale come disciplina di livello accademico negli USA Eugen Hargrove (1944-). I suoi Fondamenti di etica ambientale4 – un testo ormai quasi classico – sono caratterizzati, infatti, da un approccio che può certamente essere qualificato come estetico. Al centro sta, infatti, l’idea del bello, quale realtà dotata di valore – strettamente collegata al bene – che come tale è meritevole di tutela. Si tratta di un dato di evidente esperienza comune per quanto riguarda il patrimonio artistico, oggetto di cura da parte di popoli e nazioni, ma del quale è oggi assolutamente necessaria un’esplicita estensione al bello naturale.

A quest’ultimo, infatti, siamo così abituati da rischiare di darlo per scontata, dimenticando che si tratta del frutto di un’evoluzione che si realizza su una scala ben più ampia di quella dell’esistenza umana. Occorre, invece, riconoscere un vero e proprio dovere morale di trattare anche il bello naturale come realtà preziosa e dotata di valore ed, anzi, meritevole di una tutela anche maggiore rispetto a quello artificiale, visto il suo legame imprescindibile con l’esistenza fisica (a differenza del bello sorto dall’azione culturale umana, che Hargrove sembra ritenere – fallacemente? – più suscettibile di riproduzione)5. L’esigenza di conservare la natura viene, dunque, fondata da Hargrove sulla sua bellezza; è un approccio che può apparire molto legato ad una cultura come quella americana, con la sua caratteristica attenzione per la wilderness come spazio necessario per mantenere un’umanità autentica, messa alla prova da una civilizzazione estraniante (si pensi ad una figura come quella di Thoreau), è, però, in effetti, anche una prospettiva vicina a quella – estremamente indiretta – in cui la dimensione ambientale è fino ad oggi presente nella Costituzione italiana: nella forma del “paesaggio” da tutelare6.

Si tratta di un’istanza certamente importante, che introduce un significativo elemento di resistenza nei confronti di una visione puramente utilitarista della natura, tesa a ridurla a mera cava di materiali disponibili al soggetto umano o a discarica per i rifiuti di un’economia vorace; garantire spazi in cui tale bellezza venga salvaguardata costituisce un’istanza di estremo rilievo. D’altra parte, non sempre la natura è piacevole: agli occhi dell’osservatore umano essa si presenta in forme talvolta violente, aliene, magari ripugnanti. Ci si può chiedere se una prospettiva tutta centrata sul bello naturale sia davvero in grado di fondare anche l’esigenza di un’adeguata tutela per aree e specie esteticamente meno apprezzabili, ma non per questo meno rilevanti per la struttura ecosistemica planetaria.

Ci si può pure chiedere se la dualità di naturale e artistico/artificiale sia davvero in grado di raccogliere adeguatamente la varietà delle forme in cui ci rapportiamo ad un ambiente che ormai solo in rare occasioni può effettivamente essere definito naturale – se con ciò intendiamo libero dall’influenza e dell’azione umana. In una realtà come quella europea sono tanti i biomi di estrema rilevanza naturalistica che sono in effetti frutto di una vera e propria coevoluzione, cui la presenza e l’azione umana hanno contribuito in forme estremamente rilevanti. Così aree boschive che oggi possono magari apparire alta espressione di naturalità hanno alle spalle una lunga pratica di selvicoltura; è questo, ad esempio, il caso del Parco delle Foreste Casentinesi che affonda le sue radici anche nella secolare azione di cura dei monaci camaldolesi per la foresta circostante il Monastero.

Certo, Hagrove ci ricorda che, adilà degli ambienti costruiti in cui sempre più spesso ci troviamo ad abitare, una vita umanamente buona ha bisogno anche di sperimentare direttamente la natura nel suo darsi (anche se magari esso è meno immediato di quanto possiamo immaginare). Lo evidenzia anche una filosofa contemporanea come M. Nussbaum, nel momento in cui inserisce una positiva possibilità di rapporto alla naturalità in quella lista delle capacità che ella considera irrinunciabili per l’umanità dell’umano: è essenziale “essere in grado di vivere in relazione con gli animali, le piante e con il mondo della natura provando interesse per esso e avendone cura”7. La figura antropologica evocata da Nussbaum è tutta, del resto, fortemente caratterizzata in senso relazionale, a superare l’immagine di un homo oeconomicus mosso solo da un insaziabile desiderio di beni, che determinerebbero completamente anche le forme del suo rapporto col mondo naturale. È una prospettiva antropologica ed etica che giunge anzi ormai ad interrogare anche la stessa riflessione economica, ricordandole la complessità dei fattori che determinano la qualità della vita – e penso, in questo senso, ai significativi risultati dell’”economia della felicità”.

5. Altre bellezze

Non crediamo certo che l’approccio di LS si ponga in alternativa alla prospettiva indicata da Hargrove8; l’impressione è piuttosto che l’Enciclica inviti ad allargare lo sguardo, per percepire anche altre bellezze. Da un lato, infatti, essa sottolinea con forza anche quella associata all’operare tecnico umano: “si può negare la bellezza di un aereo o di alcuni grattacieli?” (LS 103). Dall’altro, vi troviamo uno sguardo contemplativo rivolto anche a realtà che possiamo cogliere solo indirettamente, attraverso la mediazione del discorso scientifico – come “l’insieme armonico di organismi in uno spazio determinato, che funziona come un sistema” (LS 140). È come se la percezione del bello di papa Francesco fosse più ricca, come se ne cogliesse una maggior varietà di dimensioni, con un’efficace integrazione tra la dimensione biologica e quella culturale, che negli esseri umani hanno il loro punto d’incontro privilegiato.

Soprattutto, però, l’accento etico cade in Francesco in primo luogo sul futuro, sul futuro della vita, sulle generazioni che dopo di noi si troveranno ad abitare il pianeta: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?” (LS 16). Non stupisce, allora, che – più che ad un approccio di tipo estetico – LS sia piuttosto avvicinabile ad un pensiero della sostenibilità, centrato cioè sui diritti delle generazioni future, sulla cura di cui siamo debitori nei loro confronti – e per questo anche nei confronti della terra. Non a caso l’Enciclica sulla cura della casa comune è spesso accostata ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che la comunità internazionale si è data in vista del 20309.

Guardando al panorama della riflessione etico-politica più recente, insomma, ci sentiremmo di accostare piuttosto la LS ad una grande pensatrice, purtroppo recentemente scomparsa. Ci riferiamo ad Elena Pulcini (1950-2021) che – specie nella sua riflessione più recente – ha appunto accentuato il legame tra cura e diritti, orientando a superare l’astrattezza di alcune teorie della giustizia, anche in ambito ambientale, per ripensarle invece (sulla scia di Emmanuel Levinas (1906-1995) a partire dallo sguardo sul volto concreto di chi mi è dinanzi10. È un movimento peraltro analogo a quello che lo stesso papa Francesco compie anche in Fratelli Tutti in cui, a partire dalla narrazione della storia concreta del Buon Samaritano, dello sguardo che egli getta sul ferito trovato sulla strada, si dispiega una riflessione etico-sociale ad ampio raggio.

Anche qui, insomma, un gioco di sguardi, orientato alla cura ed all’amore per l’alterità… Perché problema della motivazione è centrale per l’etica – che essa sia orientata alla cura delle persone o che sia rivolta alla cura della terra – e spesso abbiamo bisogno di toccare con mano le realtà dalle quali è interpellata la nostra responsabilità, di ascoltare il grido che esse ci indirizzano, di vederle nella loro concretezza.


1. Ci permettiamo in primo luogo di rinviare, per un’introduzione, a S.Morandini, Laudato si’. Un’enciclica per la terra, Cittadella, Assisi 2015; Id., Un amore più grande del cosmo. Laudato Si’ per un anno di misericordia, Cittadella, Assisi 2016; Interpretare Laudato Si’: il movimento di un’enciclica, in StPat 63 (2016), pp.563-578. Per il resto, la bibliografia sulla LS è ormai sterminata e segnaliamo solo alcuni testi di rilievo, senza pretesa di esaustività: AAVV. Ripensare la cura della casa comune. Laudato sì: il dibattito e le sfide, Focus di Studia Patavina 63 (2016), n.3, pp.563-642; AAVV, Laudato Si’ Un aiuto alla lettura, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016; LBoff et alii, Curare madre terra. Commento all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, EMI, Bologna 2015; M.Carbajo Nuñez, Sorella madre terra. Radici francescane della Laudato Si’, Messaggero, Padova 2017; S.Cavalli (a cura), La recezione ecumenica della Laudato Si’, Studi Ecumenici 34 (2016), n.1-2; B.Salvarani (a cura), Le religioni e la cura della casa comune. Una ricezione interreligiosa dell’enciclica Laudato Si’, Quaderni di Studi Ecumenici 33, Pazzini, Villa Verrucchio 2016; J.I.Kureethadam, Cura della casa comune. Introduzione a Laudato Si’; Sfide e prospettive per la sostenibilità, LAS, Roma 2015. J.I.Kureethadam, Dieci comandamenti verdi «Laudato si’», Elledici, Leumann 2016; U.M.Yañez (a cura), Laudato Si’. Linee di lettura interdisciplinari per la cura della casa comune, Gregorian&Biblical Press, Roma 2017; P.Malavasi, C.Giuliodori (a cura), Ecologia integrale. Laudato Si’. Ricerca, formazione, conversione, Vita&Pensiero, Milano 2016; AAVV., Laudato si’: per una teologia dell’ambiente, Dossier in Apulia theologica 3 (2017), pp.5-91; G.Copertino (a cura), La cura della casa comune, Ecumenica, Bari 2018; S. Morandini (a cura), Salvaguardia del creato come sfida ecumenica, Dossier in Studi Ecumenici 38 (2020), pp. 19-259.
2. Si veda, ad esempio, S.McFague, The Body of God. An Ecological Theology, Fortress Press, Minneapolis 2011.
3. Della sua vasta produzione è disponibile in italiano solo D. Edwards, L’ecologia al centro della fede. Il cambiamento del cuore che conduce a un nuovo modo di vivere sulla terra, Messaggero, Padova 2008.
4. E. Hargrove, Fondamenti di etica ambientale. Prospettive filosofiche del problema ambientale, Franco Muzzio, Padova 1990. Un panorama più articolato delle etiche ambientali in S. Morandini, Cambiare rotta. Il futuro nell’Antropocene, EDB, Bologna 2020.
5. La nostra sintesi, certo troppo essenziale, riproduce, comunque quella offerta dallo stesso Hargrove in E. Hargrove, Fondamenti di etica ambientale, pp.266-267.
6. Secondo l’articolo 9 la Repubblica Italiana ”tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
7. M. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, Mulino, Bologna 2002, p. 77; identica la versione presente in Id., Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Mulino, Bologna 2001, p. 99. Un’introduzione al pensiero dell’A. in S.F.Magni, Etica delle capacità. La filosofia pratica di Sen e Nussbaum, Mulino, Bologna, 2006
8. Di riferimenti a LS è del resto intessuto anche un bel testo che fin dal titolo rivela una declinazione che procede anche sul piano estetico: E. Castellucci, La tela sfregiata. La responsabilità dell’uomo nel creato, Cittadella, Assisi 2019.
9. Su di essi si veda E. Giovannini, L’utopia sostenibile, Laterza, Roma-Bari 2018. Mentre scriviamo è comunque anche in discussione in Parlamento una proposta di modifica costituzionale che fa diretto riferimento all’ambiente ed alle generazioni future.
10. E. Pulcini, Tra cura e giustizia. Le passioni come risorsa sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2020.