«La Luce che vedo non è legata a uno spazio. È molto più splendente di una nube compenetrata dal sole. Non posso misurarne l’altezza, la lunghezza, l’ampiezza; la definisco ombra della Luce vivente1».
«Un’enorme sete di Luce si impadronisce dell’uomo che ha perso sia la Luce interiore che quella suprema2».
Disegnare con la luce è il potere della fotografia e, dunque, questo mezzo ben si adatta alla ricerca del sacro di Alfredo La Malfa.
In questo appuntamento, che segue idealmente quello dell’anno scorso dedicato al Ladakh e ai suoi monasteri, il tema è proprio la luce come presenza divina sulla Terra. È la manifestazione della lux cosmica nel lumen terreno, è rivelazione dell’invisibile nel corpo denso della materia, è «l’ombra della Luce vivente».
Una delle immagini in mostra rimanda alle cattedrali gotiche che si fanno grembo della luce come in una nota tavola di Jan van Eyck dove sia la Madonna che la chiesa accolgono la vibrazione cosmica. Il sole penetra lo spazio chiuso e oscuro dell’architettura che al contatto della luce dischiude il divino3. Alfredo La Malfa sa cogliere con l’intuizione del cuore il momento in cui l’invisibile si manifesta e lo scatto rivela l’unione di terra e cielo, di luce e ombra.
«L’occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse simile al sole né un’anima vedrebbe il bello se non fosse bella4».
L’occhio, dunque, essendo della stessa natura del sole ne può cogliere la sua essenza più profonda quando i suoi raggi la manifestano penetrando l’ombra.
L’occhio di un fotografo, ancor più di un pittore, riconosce la sua natura solare inevitabilmente attratto dal tocco dei raggi di Luce sul mondo.
La vita di Alfredo La Malfa è orientata alla ricerca della bellezza e nutrita dal suo amore per la natura e, di conseguenza, le sue immagini celebrano lo splendore celeste sulla Terra.
La dualità della luce e dell’ombra si ricompone nella foto in cui lo Yoni Lingam consacra l’unione del principio maschile e solare di Shiva e della natura femminile e oscura della Shakti, distinguendo senza separare. La ricerca spirituale è un cammino verso l’unione armonica dove le polarità si acquietano e «la Luce è l’ombra di Dio5».
Narra un antico mito indiano che Chaya, l’Ombra, era stata creata da Saranyu, sposa di Surya, il Sole, per sfuggire all’eccesso di calore del marito. Sempre lo stesso mito racconta che uno dei figli di Chaya e Surya fu Yama, il signore della morte. Surya è dunque sorgente di vita e dimora della morte. E, pertanto, l’ombra è il mezzo attraverso cui la luce divina si manifesta. D’altra parte anche la pittura, come scrive Leonardo da Vinci, nasce dal contorno dell’ombra proiettata: «La prima pittura fu sol di una linea, la quale circondava l’ombra dell’uomo fatta dal sole nei muri6».
Le foto di Alfredo La Malfa sanno cogliere quei momenti in cui il bagliore del sole penetra l’ombra come Surya con Chaya.
Ciò che un pittore costruisce il fotografo lo avverte in un istante che diventa visione.
Il raggio che, in uno degli scatti in mostra, entra nel cuore del giovane è spirito che diventa materia. Solo pochi grandi artisti, come Rembrandt o Johannes Vermeer, sono riusciti a creare il bagliore di un attimo d’eternità nella vita ordinaria; la pittura, anche quella veloce degli impressionisti, richiede un tempo e resta nel continuum mentre la tecnica fotografica elude lo scorrere di Krónos.
Gli alberi sono soggetti prediletti da quest’occhio innamorato; essi si impregnano dei sacri raggi e ci aiutano a connetterci con la nostra essenza solare.
Nel Battesimo di Piero della Francesca l’albero ha lo stesso lucore del corpo di Cristo e della colomba mentre Piet Mondrian lo dipinge come schermo di luce assai simile agli scatti di Alfredo La Malfa.
Piero della Francesca riassorbe l’ombra nel divino, l’arte contemporanea è invece umbratile.
L’ombra è anche specchio dei sogni e della nostra natura più profonda, è grazie ad essa che si rivela lo splendore divino inaccessibile all’occhio umano.
Le vetrate, le nubi, i templi sono i filtri attraverso cui Lui si manifesta.
Sono gli artisti, gli innamorati, i mistici che diventano capaci di vedere oltre la cortina di cecità dello sguardo abituale, essi illuminano l’ombra e rendono visibile lo spazio in cui la vita e la morte danzano, in cui cielo e terra celebrano la gioia di ritrovarsi.
Quando la luce divina si immerge nell’ombra, saranno il fuoco e l’ardore della passione a renderne percepibile la presenza. La liberazione di San Pietro dal carcere di Raffaello è capolavoro assoluto di questa visione dove la luna e il sole, l’alba e il tramonto si accordano alla luce dell’angelo e l’oscurità della notte si apre alla presenza della luce divina.
NOTE
2. Hans Sedlmayr, La luce nelle sue manifestazioni artistiche
3. Jan van Eyck, Madonna nella chiesa
4. Plotino, Enneadi
5. Albert Einstein
6. Leonardo da Vinci, Trattato della pittura