Cinema

TORNARE A CASA

Il valore della memoria per dare voce al passato e a vite umane spese e mai dimenticate.
In un documentario il racconto del ritrovamento delle spoglie di un soldato italiano caduto nella Campagna Italiana di Grecia del 1940.

Il Sacerdote salesiano Nicola Pecoraro ci narra, in un documentario di circa 30 minuti, un vero e proprio viaggio nella memoria e verso i luoghi in cui giacevano le spoglie ritrovate del fante Matteo Pecoraro, suo zio.
Tra il 28 ottobre 1940 e il 23 aprile 1941, Mussolini, nella Campagna del Balcani, intraprese la cosiddetta Campagna Italiana di Grecia dove persero la vita 13.755 soldati tra cui il protagonista della nostra storia: un giovane salernitano, di soli 24 anni, deceduto in Albania.
Il documentario, scritto, diretto e prodotto da Bruno di Marcello, ci porta per mano in questo intenso racconto che fa memoria di un pezzo della nostra storia.

Si ascoltano i racconti che lo stesso Matteo fece della sua esperienza in guerra, attraverso le sue lettere dal fronte spedite alla famiglia e poi raccolte in una sorta di ‘Diario Storico Militare’, oltre a vedere la ricostruzione di scene di vita in cui il protagonista è interpretato dal suo pronipote Ugo Calabrese. Si alternano filmati originali dell’Istituto Luce a fotografie originali del fante e a documenti scritti che attestano della sua morte nonché a riprese dei luoghi in cui si svolsero le battaglie e dov’è avvenuto, poi, il ritrovamento della sepoltura.

La ricostruzione è stata possibile grazie all’opera di don Nicola che, spinto dai racconti ricevuti da bambino, ha incominciato a ripercorrere le orme di Matteo lungo i vicoli di Salerno dove egli era nato e vissuto, dove aveva giocato da bambino e poi, da giovane uomo, sognato di aprire un’attività commerciale.

A partire dal telegramma in cui si dava notizia della morte di Matteo, avvenuta dopo essere stato colpito da una granata durante l’offensiva dei Greci contro l’esercito italiano presso una località dal nome di Bregu Psarit, svariate volte la famiglia aveva fatto richiesta alle autorità competenti dei suoi resti mortali ma senza alcun successo. Restava dunque il grande dolore di non avere neppure una tomba su cui pregare per il proprio figlio caduto in guerra sino a quando Bernardino, padre di don Nicola, non espresse il desiderio di ricercare le spoglie di suo fratello Matteo per riportarle a casa. Fu così che partirono le indagini, prima a partire da una ricerca minuziosa su ogni tipo di documento di cui la famiglia era in possesso e, poi, attraverso tutte le fonti storiche reperibili e soprattutto attraverso il ritrovamento del foglio matricolare che ripercorreva tutte le tappe di vita del soldato. Risale all’agosto del 2001 il primo viaggio di don Nicola Pecoraro verso l’Albania e i luoghi teatro degli scontri in questione supportato dalla comunità di Salesiani operanti a Tirana. Raggiunti i luoghi e grazie alle testimonianze della popolazione locale, tra cui quella di una donna anziana che all’epoca fu testimone diretta dei fatti, si individuò il luogo dove presumibilmente doveva essere avvenuta la sepoltura. In 62 anni nessuno aveva mai rivisitato quei luoghi.

Dopo due anni, nell’ottobre 2003, ricevuti i permessi per la riesumazione e organizzata la campagna di scavo, piano piano, si incomincia a cercare ed ecco che le spoglie emergono come in una rinascita.
Nella sepoltura non fu trovata la piastrina identificativa del soldato ma l’analisi del DNA comparato con quello del fratello vivente Bernardino ha confermato l’identità dei resti ritrovati a Bregu Psarit.
I luoghi descritti da Matteo nel suo diario sono stati la traccia più importante, assieme alla tenacia di don Nicola, perché il suo corpo venisse ritrovato e riportato nella sua amata terra, Salerno, che ha accolto, con affetto, questo suo figlio morto per la patria.

I racconti di Matteo Pecoraro parlano della sua paura di non tornare più, del suo desiderio di riveder luoghi e volti familiari, di inverni freddi e notti stellate senza riposo…
In particolare, in una delle sue ‘lettere dal fronte’ dice:

«La guerra è una cosa dura e impegnativa tutta diversa da come si è immaginata. Tu ti trovi a cozzare continuamente contro questo suo aspetto arcigno e disadorno fatto di prurito, di pidocchi, di precipitosi risvegli, di stanchezza di muscoli, di fango e miseria. Vedi gente morire stupidamente. Si va all’assalto senza capir bene a cosa serve. Lassù, sulle pendici del monte Trebashina, hanno dovuto scavare delle altre buche e metterci dentro i compagni morti con i quali ancora ieri parlavi di tante cose e ti rispondevano. Ora sono sotto la neve, così lontani da casa, sperduti in questo angolo del mondo e non li incontrerai mai più. Fa malinconia pensare di morire tanto lontani da casa, dove nessuno dei tuoi potrà mai venirti a trovare e dire un requiem. E’ come se si morisse proprio del tutto e di te non restasse più niente.»

Questa è una testimonianza commovente e preziosa che viene da un tempo passato per parlare a noi oggi che di quel passato e delle tante vite spese non abbiamo saputo fare tesoro.
Un racconto emozionante che parla di vita, vita spesa di cui bisogna non perdere la memoria.
La terra d’Albania ha ospitato, come un grembo materno, le preziose spoglie di Matteo Pecoraro come quelle di tutti gli altri giovani soldati mai più ritrovati. Sono ancora tanti i luoghi nel mondo dove la terra si fa sepolcro di vite ingiustamente spezzate da inaudite guerre di uomini contro uomini e, pertanto, questo documentario ci appare molto di più che un commovente racconto: una semplice e accorata preghiera desiderosa di essere accolta e custodita.

Matilde Di Muro