Una rilettura del primo libro in italiano sulla Santa Montagna
Nel 1927 esce a Parigi il primo libro in italiano sul Monte Athos, uno dei centri della spiritualità cristiano-ortodossa, attraverso le sue grandi espressioni, come l’arte, il silenzio e la preghiera. Il titolo completo è: Il Monte Athos. La storia, i monasteri, le opere d’arte, le biblioteche. Disegni, xilografie, acquarelli dell’autore. L’autore era il francese Francesco Perilla, nato nel 1874, pittore e disegnatore, ma anche autore di vari libri sulla Grecia in francese e in italiano. Filoellenico e filo-ortodosso, come si evince facilmente dal suo stile nel trascrivere la bellezza del culto divino ortodosso e nel riportare nelle sue pagine la storia e la fede, dal 1920 Perilla fece della Grecia la sua seconda casa.
Prima di scrivere il suo libro, diviso in dieci capitoli, l’autore visitò ben tre volte il Monte Athos, dove trascorse lunghi periodi di tempo, osservando la vita religiosa e il culto divino, gli affreschi, i mosaici, i reliquiari, i paramenti sacerdotali e i veli eucaristici, i libri, i codici e i famosi manoscritti, l’ambiente naturale con i boschi, le vigne e il mare. Lo stesso autore realizzò un ciclo di magnifici acquarelli, pubblicati nel suo libro insieme a una vasta serie di fotografie e di xilografie: una piccola mostra di arte bizantina. L’obiettivo del lavoro dell’autore non era altro che “diffondere anche tra noi la conoscenza di questa reliquia intatta e vivente, che con tanta evidenza contribuisce a richiamare l’ancora oscura e disconosciuta vita bizantina, essenzialmente religiosa, che soltanto le intense ricerche recenti vanno risollevando da una fosca atmosfera di intrighi e di tragedie alla giusta luce della Storia”.
Dopo un primo rapido cenno alla storia del monachesimo in Oriente, Perilla sofferma la storia del Monte Athos, dalle sue origini nel IX secolo fino alla rivoluzione greca del 1821. Segue la situazione attuale della santa Repubblica (anni ‘20 del secolo scorso), con la presentazione dei monasteri, della skite e della nazionalità dei monaci.Il terzo capitolo, intitolato “Le regole e i riti monastici dell’Athos”, descrive minuziosamente la vita quotidiana dei monaci: il modo di vestire e di mangiare, di lavorare, di governarsi e di pregare. Con grande devozione vengono narrate dall’autore le sacre funzioni della Settimana Santa, le più maestose dell’anno liturgico. Il quarto capitolo ci offre una visita ai sentieri del Monte Athos, un’“introduzione” al suo mistero, alla sua bellezza, alla sua pace divina e al silenzio infinito. Particolarmente suggestiva è la descrizione degli eremi, le piccole celle, in cui gli eremiti hanno ristretto tutta la loro vita nella penitenza, nella preghiera e nella costante meditazione sulla morte. Nei cinque capitoli seguenti Perilla offre uno studio approfondito dell’architettura, della scultura, della pittura e delle arti minori, con una panoramica dei codici e dei principali manoscritti.
Alla fine del libro sono parecchi itinerari, con indicazioni pratiche e opportune, insieme a una rassegna dei venti monasteri, secondo il loro ordine gerarchico. Nelle pagine del suo libro, Perilla presenta agli occhi dei lettori, con uno stile mistico e attraente nello stesso tempo, la vita di san Pietro, fondatore del monachesimo atonita, e le storie delle icone miracolose della Vergine detta Portaitissa del monastero di Iviron e della Theotokos della Consolazione del monastero di Vatopedi. L’autore non esita a raccontare alcuni episodi della sua permanenza alla Santa Montagna, che nonostante la loro semplicità, hanno ormai un notevole valore storico.
L’autore, ad esempio, ascolta una voce monotona, quella dell’eremita che sgrana la sua “coda della preghiera”, quello che l’autore chiama un “rosario” di trecento grani, che l’eremita completa trenta volte al giorno, recitando le parole: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”.Perilla, essendo un pittore esperto nella difficile arte dell’acquarello, offre dodici magnifici lavori, di cui due sono visibili nelle fotografie che accompagnano questa presentazione. Gli acquarelli dell’autore rendono ancora più prezioso il suo libro, trasformandolo in un “merletto bizantino” eseguito con i “fili” dell’eleganza, dell’austerità e della bellezza.
Il nostro autore e artista offre una descrizione incantata del Monte Athos: “Il monastero di Simon Petra, come un nido di aquile rivolto verso il cielo, issato a seicento metri sul mare, coi molteplici ordini di bastioni immensi, sembra una visione apocalittica; il convento di Chilandari, il più prezioso gioiello di arte bizantina che sia nell’Athos, è il simbolo delle antiche glorie della Serbia; la sua chiesa, nello splendore dorato del sole di Grecia, risplende magnifica nelle gamme rosse della sua decorazione ceramoplastica; il refettorio di Dionisios mostra la bellezza degli affreschi allineati sul muro, mentre dalla nicchia la dolce Panaghia sorride alle generazioni dei monaci che si avvicendano sui banchi logori della tavola; nascosto in un angolo di bosco, lambito del mare, Esfigmenos trascorre la sua vita pacifica e silenziosa, raccogliendo i pochi monaci dediti alla pesca e ai lavori della terra; il piccolo Caracalos, dal minuscolo recinto, dalle linee strane, lascia di sé un ricordo perenne; il monastero di Vatopedi conserva tuttora la gioia di vivere per un soffio animatore di modernità, associato alle vecchie tradizioni monastiche di Bisanzio; sull’entrata, protetta dal portico, attraverso le ombre e le luci policrome si vedono alcuni monaci che bisbigliano sui piccoli avvenimenti del loro mondo; la sua rossa chiesa conserva il ricordo del Sangue del Redentore e dei martiri della fede, e nell’interno il grande lampadario a trafori, in una miriade di ceri, armonizza con la sontuosità della ikonostasis dorata; la chiesa della Grande Lavra, decrepita e massiccia, circondata da numerose costruzioni crollanti, sembra agonizzare con esse sotto il peso dei secoli”.
Questa pubblicazione, che racchiude veri e propri gioielli artistici realizzati dall’autore circa un secolo fa, rappresentò un grande passo per l’Italia, ancora “chiusa” nelle mura vaticane, perché per la prima volta cercò di far conoscere agli italiani un’istituzione ecclesiastica ortodossa, anche nelle sue note fondamentali. Per Perilla, “nell’Athos appartato si può ritrovare la Bisanzio monastica medievale, assorta nelle tetraggini dell’al di là”.