Una mostra dedicata all’esperienza umana e spirituale di Papa Celestino V
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Celestino V, “Colui che fece per viltade il gran rifiuto”, come ce lo rimanda Dante Alighieri con una definizione che lo rese famoso ai posteri. Ma di questo Papa, che alla fine di agosto del 1294 rimase sulla sul soglio di Pietro solo per 161 giorni, pronunciando quel rifiuto che gli permise di tornare ad essere quello che lui era, un eremita, la storia e la Chiesa ce lo restituiscono oggi per quello che era veramente: un cristiano coerente, tenace, inflessibile, determinato.La Perdonanza celestiniana ovvero l’indulgenza plenaria, è il gesto più significativo di Papa Celestino. Infatti ha concesso, in occasione della sua incoronazione, il 29 agosto 1294, che tutti quelli che attraversano la porta della Chiesa di Collemaggio, potessero ricevere l’indulgenza plenaria, a patto che si siano confessati ed abbiano chiesto perdono dei loro peccati. La concedeva a tutti, non solo a chi pagava. La Perdonanza non è per chi è ricco, ma, soprattutto per i più piccoli e poveri. È la compassione che ha sempre caratterizzato il cuore di Pietro da Morrone, vicino agli umili, alla gente di campagna, alle persone fragili e provate dalla vita. Indica cioè che nella vita la soluzione di tutti i nostri conflitti interiori ed esterni la troviamo nel perdonarci a vicenda, mettendo da parte i rancori.Si preannuncia così un’ umanità riconciliata, in pace, che sa trovare sempre una mediazione ed una risposta, nel dono della fratellanza e della solidarietà. Scegliere il perdono come principio assoluto di pace e come regola di vita, come porta attraversata ogni giorno, in modo sempre nuovo, significa scegliere il bene di tutti, abbandonare ogni superbia e giudizio nei confronti di chi ha sbagliato.La “Perdonanza” di Papa Celestino V, allora, è stile di vita, spazio alla pace, gioia di passi riconciliati, nella famiglia, nella società, nella chiesa.
È a questa figura, che finalmente torna alla sua identità ed al suo nome originario, Pietro da Morrone, che come autrice, rendo omaggio con una mostra che ha come titolo “Gli eremi del cielo” ed il relativo catalogo. Si tratta di un percorso spirituale composto da foto in bianco e nero, poesia e Sacra Scrittura attraverso i luoghi dove egli visse gran parte della sua vita. Siamo in Abruzzo, tra montagne aspre e selvagge, dove la natura intatta chiede rispetto e dove il silenzio crea confini immaginari in bilico tra le vertigini dei precipizi e le profondità del cielo; dentro corridoi di alberi e canali scavati dalle acque, nascosti alla vista, ma con la vista che si apre all’infinito. In tali luoghi mistici, non si può non sentirsi trasformati da questa immersione nella potenza creatrice di Dio che mi auguro di poter trasmettere con la suggestione delle mie fotografie.
L’itinerario che propongo è la sintesi del mio rapporto con la spiritualità di Papa Celestino, è anche uno strumento di meditazione, oltre che occasione per apprezzare l’arte della natura e quella dell’uomo, che se ne serve per avvicinarsi a Dio.
Colui che per guardare il cielo dimentica la terra
(Francesco Petrarca, De vita solitaria)
Mostrami, Signore, la tua via
perché nella tua verità io cammini
(Sal 86, 11)
“Gli dice Pilato
che cos’è la verità?
(Gv 18, 38)
Che cos’ è la verità?
Un abisso che si veste di metafore
il lungo abbandono del cuore
in attesa di un segno finale
quel soffio che salva
come un grido di sollievo.
Nel volgere ignoto
di un respiro di luce
l’ultima conoscenza
pare scandire:
la morte
la vita.
Misericordia e verità s’incontreranno
giustizia e pace si baceranno
(Sal 85, 11)
Armonia profonda
affascina ogni cosa
correnti infinite s’intrecciano
e all’improvviso scuotono
come fa il vento
venuto da lontano.
Quale forza
dà corpo all’assoluto?
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo
(Sal 85, 12)
Tutti i possibili percorsi
ci resero erranti
come cieli e astri.
Ora siamo presi
da uno stesso
unico sgomento:
un punto di domanda
misterioso e fragile.
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