La tradizione sapienziale e spirituale dell’Occidente è piena di percorsi ascensionali da iniziare. Ma perché? Nel nostro io non vi è già una traccia di senso da cogliere per rispondere alle domande iniziali dell’esistenza? La risposta è negativa. Bisogna uscire da sé per capire le ragioni della vita ed entrare, in tal modo, in una forma di costante empatia verso tutti gli esseri viventi. Bisogna perdersi. Questo ci hanno insegnato i maestri di spiritualità.E bisogna, pertanto, percorrere le strade del mondo e camminare. In questa esperienza troveremo, a volte gradualmente, a volte attraverso un’intuizione repentina, il nostro momento favorevole, il nostro Kairos che ci permetterà di trovare le risposte che cerchiamo.
Durante il tragitto sopporteremo le fatiche del viaggio, ma anche le gioie delle soste e, soprattutto, apriremo il nostro io sui crocevia. In questi luoghi il nostro sguardo incontrerà quello di altri viaggiatori-pellegrini. È il momento in cui, nonostante vissuto e cultura differenti, ogni viandante si riscopre partecipe di una storia comune a tutti gli umani, se non a tutti gli esseri in vita. È un’esperienza unica e totalmente trasformante che, solo dopo un autentico viaggio, un’estraniazione dal proprio sé, si riesce a vivere. È il momento in cui gli umani si riconoscono figli della vita o fratelli fra loro, ma anche fratelli di ogni essere vivente: è una vera metanoia. Questa consapevolezza ci porta all’intuizione che in ogni umano è presente come una traccia o un seme divino. Solo dopo un lungo cammino si riesce a scoprirlo. È una conoscenza che avviene nella temporalità della vita, non per acquisizione mentale. È una dimensione che ti porta al limite del divenire, quando dal vissuto si riescono a intravedere i riverberi di Luce che danno senso all’esistenza: solo chi arriva fin qui può pervenire ad una profonda e autentica metanoia.
Questa esperienza di vita è stata riportata in fotografie che, tutte scattate nello stato indiano del Ladakh e raccolte insieme, hanno dato corpo alla mostra Essere sui crocevia; si tratta di un diario di viaggio nel quale sono centrali le vie lunghe e silenziose, le soste, le visuali impreviste, gli incroci considerati come crocevia dove si sovrappongono numerose strade e percorsi di vita, ma, in particolare, si annodano due cammini intrapresi: uno che inizia nel divenire e sale verso una dimensione trascendente e l’altro che dalla luce della trascendenza scende fino ai frammenti di vita del divenire. In questi momenti avviene l’incontro: il divenire nei suoi molteplici volti si fa luogo di svelamento del Divino. Da questa consapevolezza emergono le soste alle soglie delle porte, lo sguardo silenzioso davanti alle finestre, in attesa di intuire la bellezza racchiusa nella visuale che si mostra, il mistero della bellezza presente negli orizzonti sconfinati, segnati da montagne e altipiani. In queste immagini, dove regna indisturbato il silenzio, solo apparentemente manca l’essere umano.
È un’assenza che rinvia alla sua presenza. Le montagne, come già ampiamente sappiamo, sono i luoghi dell’incontro, gli spazi considerati più vicini al Divino. Le montagne del Tibet indiano così alte, scabre, silenziose e pietrose sono i luoghi perfetti per affermare la misteriosa chiamata dell’uomo al Soprannaturale: queste montagne sono segnate da lunghi, faticosi e assolati percorsi fra un monastero e l’altro, fra uno stupa eretto sulla sommità di un monte e un semplicissimo centro abitato.
In questi itinerari ci sono le soste e i crocevia. In essi il viaggiatore-pellegrino gradualmente trova la meta, anche se non geografica, ma esistenziale. In questo scenario dell’Invisibile non sono fondamentali, pertanto, i punti di arrivo, ma gli spazi, anche temporali, di viaggio. Solo nelle lunghe giornate di cammino, colme di silenzio e di un continuo osservare visuali impreviste, colorate dalle orazioni trascritte nelle bandiere e offerte dal vento al Divino, sempre e senza sosta, è possibile unirsi alla preghiera primigenia della creazione.
Alla domanda fondamentale dell’esistenza, intorno al senso del proprio essere nella vita, la risposta nelle soste affiora dal silenzio, nel fascino di una presenza imprevista, che emerge attraverso l’incrociarsi di sguardi di uomini spinti dall’attesa e dal desiderio di intravedere nelle pieghe del divenire i riverberi di una luce tanto bramata. Chi vive in profondità la spiritualità del cammino non può non soffermarsi sui crocevia, lasciare la pretesa di essere un sé diverso e costruito su certezze, e unirsi alla continua preghiera del vento per scoprire che si è in esistenza, insieme a tutti i frammenti di vita, solo in attesa della Luce.