(seconda parte: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI)

FDT
Francesco Diego Tosto

Giovanni Paolo II e la sapienza teologica dantesca

Grande appassionato ed esperto conoscitore dell’opera di Dante Alighieri fu Karol Wojtyla. Nei suoi discorsi c’è sempre un profondo desiderio che venga conosciuto e diffuso il messaggio del poeta fiorentino, così imperniato di quei valori umani che contribuiscono allo sviluppo di uno stile di vita cristiano. Una vastissima gamma di citazioni dantesche può ricavarsi dai documenti di Giovanni Paolo II tra poesia, arte e sapienza teologica, fonti che convergono principalmente sul primato che il pontefice assegnava alla cultura e sulla riconosciuta mediazione artistica operata dall’Alighieri1. Basti qui ricordare, tra i numerosi esempi che si potrebbero fare, due date: il 29 marzo 1980 e il 13 giugno 1996. Nel primo caso Wojtyla riceve come omaggio dai Frati Minori conventuali del centro di Ravenna la pubblicazione dell’incunabolo della editio princeps della Divina Commedia, stampata a Foligno nel 1472. In tale occasione il papa elogia la meritoria iniziativa editoriale e auspica che essa possa servire da stimolo per approfondire e far conoscere ciò che Dante definisce: «il lungo studio e il grande amore» (Inf. I, 83), ovvero la dedizione appassionata e austera alla ricerca del bello2. Nel 1996 invece il Pontefice, accogliendo in udienza alcuni rappresentanti della Società Dante Alighieri, si congratula del lavoro svolto in tanti anni nella diffusione del messaggio dantesco e di quei valori umani, di cui il poeta fu maestro3.

1.1 Il primato della cultura e il ruolo dell’Università e della scuola.

DACultura e formazione sono un veicolo di fede. Il pensiero viene espresso da Wojtyla in molte circostanze. In una esortazione risalente al 13 giugno 1986, indirizzata ai vescovi della Toscana, Giovanni Paolo II affida loro il compito di formare le menti, dal momento che la Toscana si è sempre distinta nel campo della cultura e della fede cristiana. A Firenze e nell’ambito della regione sono nati poeti, artisti, scienziati, santi e papi, che hanno realizzato traguardi elevati di bellezza artistica e di ideali umani4. Il messaggio comunque si estende a tutto il popolo cristiano, investito da Dio di una mirabile missione di scoperta e valorizzazione delle infinite risorse presenti negli uomini, siano essi credenti o lontani dalla fede, intellettuali o giovani da formare. Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza (Inf. XXVI, 118-120): questo è il dovere di ogni uomo che rispetti la propria intelligenza e del popolo di Dio, chiamato alla promozione dell’essere umano.

Il messaggio, con annessa la suddetta citazione dantesca, viene ripreso dal Papa nel 2003 in occasione del conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza presso l’Ateneo “La Sapienza” di Roma: la Chiesa infatti esprime la sua autorità anche in campo giuridico, in quanto garante di quei valori sui cui si deve fondare la convivenza sociale di ogni civiltà. La cultura deve sempre valorizzare le risorse dell’uomo e l’uomo non deve mai utilizzarla come strumento in sostituzione delle leggi divine; essa è una via verso Dio e verso il benessere della vita quotidiana. Queste le parole del Pontefice: Illustri Signori, vorrei concludere questo nostro incontro con l’auspicio sincero che l’umanità progredisca ulteriormente nella presa di coscienza dei fondamentali diritti nei quali si rispecchia la sua nativa dignità. Il nuovo secolo, con il quale si è aperto un nuovo millennio, possa registrare un sempre più consapevole rispetto dei diritti dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo. Sensibili al monito dantesco […] gli uomini e le donne del terzo millennio sappiano iscrivere nelle leggi e tradurre nei comportamenti i valori perenni su cui poggia ogni autentica civiltà5.

Per far sì che queste parole diventino concreta realizzazione Giovanni Paolo II crede in un’intima connessione tra la Chiesa e l’Università; entrambe condividono un forte bisogno di conoscere e comprendere la verità. La modernità non può accettare una frattura tra la fede e la cultura, pertanto gli Atenei hanno un forte ruolo pedagogico presso i giovani desiderosi di inserirsi nel mondo del lavoro e contrari ad ogni forma di ingiustificato lassismo (8 marzo 1982)6. La stessa funzione riveste la scuola, investita dal Papa di una vera e propria dottrina pastorale. La religiosità che alberga nell’intimo di ogni cristiano non può essere generica, superficiale e incoerente, perché questo si ripercuoterebbe nella vita spirituale e morale. Mostra pertanto tutta la sua urgenza un proficuo apostolato dell’insegnamento della religione nella scuola, affinché gli studenti nei loro anni di formazione possano apprendere determinazione, coraggio e stile nel mettere in pratica gli insegnamenti evangelici. Ancora Dante viene in aiuto al discorso papale (2 gennaio 1995): «luce intellettual, piena d’amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogne dolzore» (Pd. XXX 40-42)7. L’interazione tra teologia e cultura consentirà libertà interiore e vera conoscenza, oltre a dare al cristiano coraggio e speranza.

1.2 Carità ed eucaristia.

Due capisaldi caratterizzano la vita di un buon cristiano: la carità e la pratica eucaristica. Maestro di tali virtù fu secondo Wojtyla san Francesco, la cui figura si staglia nitidamente nell’evangelizzazione cattolica e nel poema dantesco. La spiritualità francescana richiede di uniformarsi a Cristo come unica regola di vita, nonché osservare umiltà, ubbidienza ad una Chiesa povera e distacco dai beni terreni, un messaggio sociale e cristologico fondato sulle Beatitudini e sulla conseguente predicazione intorno alla giustizia e alla condivisione. Il monito di San Francesco è fonte d’ispirazione e di meditazione per l’intera umanità e per molti poeti e pensatori, tra i quali il Papa cita Dante, San Bonaventura e Manzoni, e mantiene un’imperitura attualità sigillata dal poeta fiorentino con l’intramontabile verso: «nacque al mondo un sole» (Pd. XI, 50), a cui Wojtyla ricorre parlando ai Padri Capitolari dell’Ordine dei Frati Minori (22 giugno 1985)8. Risulta molto interessante in tale contesto un discorso fatto il 2 agosto 1990 agli attori della Compagnia teatrale “Petit Pauvre”, in cui il papa esprime, utilizzando le parole dell’Alighieri, un accorato elogio della convincente rappresentazione fatta del Santo: L’attore “incarna” si dice, un personaggio. Gli presta il suo corpo e riceve da lui un’anima. Così, voi avete incarnato Francesco d’Assisi, sostenendo il ruolo del santo, o avete preso parte alla sua avventura, rappresentando gli uomini e le donne posti da Dio sulla sua strada. Io vi auguro di entrare più profondamente nella grazia propria di questi personaggi. Qual è questa grazia? Nella Divina Commedia Dante qualifica san Francesco “tutto serafico in ardore” (Pd. XI 37). “Ardore”! È l’amore il dono del Cristo crocifisso, che manifesta nobilmente il figlio di Bernardone. La verità di ogni nostra vita si trova nascosta nel Cristo9. Il Pontefice in tal modo stigmatizza la collaborazione tra arte e fede e assegna sia all’espressione artistica che alla Chiesa la stessa finalità di servizio all’uomo.

Intimamente legata alla carità francescana è la pratica eucaristica, il cui mistero è spesso al centro del pensiero del Papa, come nel caso dell’Omelia rivolta nel 1979 ai giovani universitari e ai docenti dell’Opus Dei. L’uomo lontano dall’Eucarestia regredisce, non ottiene la salvezza e rende vano il suo itinerario verso Dio. Il concetto è ispirato nitidamente da Dante nella parafrasi del “Padre nostro” recitato dalle anime del Purgatorio: L’aveva intuito con lucida chiarezza Dante Alighieri, uomo di mondo e di fede, genio della poesia ed esperto nella teologia […] quando insegna che nell’aspro deserto della vita senza l’intima unione con Gesù, la “manna” del Nuovo Testamento, il “Pane disceso dal cielo”, l’uomo che vuole andare avanti con le sue forze, in realtà va indietro [«Da’ oggi a noi la cotidiana manna senza la qual per questo aspro deserto a retro va chi più di gir s’affanna» (Pg. XI, 13-15)10. L’eucarestia offre, quindi, al fedele un suggello spirituale che lo persuade di andare incontro a Dio autenticamente e senza dubbiose soste; essa mette in risalto il sacrificio di Cristo come costante invito a quell’amore che si realizza compiutamente durante il rito divino della comunione eucaristica11. Il papa sente forte la sua responsabilità sulla vita spirituale del credente e indica nella carità e nella comunione con il corpo di Cristo il fulcro della vita cristiana.

1.3 Vita sociale e spirituale tra antropocentrismo e cristocentrismo.

Al centro della riflessione di Giovanni Paolo II c’è la dignità dell’uomo, che trova il suo fondamento nella luce di Cristo e in quella figliolanza divina che apre l’umanità verso un nuovo umanesimo. Un legame imprescindibile tra antropologia e cristologia farà sì che avvenga questa divina realtà, che il cristiano saprà concretizzare nella sua vita attraverso un impegno assiduo e sofferto a causa della sua umanità peccatrice. Il cristiano può trovare la gioia vera nella sofferenza, senza esimersi, ma continuando a vivere in pienezza e sopportando le avversità con fortezza d’animo. Solo così potrà esercitare un ruolo luminoso nella realtà sociale della propria comunità, in cui il lavoro è l’espressione della gioia cristiana, della vita spesa per il bene comune. Nel novembre 1988 rivolto ai dipendenti dell’Enel il Papa invita a considerare il lavoro come uno strumento ispirato dal calore e dalla luce di Dio, senza i quali il mondo sarebbe freddo e senza vita12.

Il lavoro è una missione sociale come già dichiarato dal Nostro nella Laborem excercens (1981), nella Sollicitudo rei socialis (1987) e nella Centesimus annus (1991). Anche per i dirigenti dell’Alitalia Wojtyla ha parole di ringraziamento nel suo discorso del 21 maggio 1979 perché il loro lavoro permette di scorgere la presenza divina attraverso la contemplazione degli spazi infiniti del cielo. Il lavoro-servizio a Dio permette di prendere «le distanze da l’aiuola che ci fan tanto feroci» (Pd. XXII, 151), ennesima citazione dantesca relativa all’invito di Beatrice a Dante a guardare in basso e accorgersi di quanto la terra sia piccola e misera nella meschinità degli uomini che si avventano come bruti l’uno sull’altro13, e che vivono nella concupiscenza e nella lussuria. Infatti, non solo la vita spirituale ma anche la corporeità, se vissuta in modo ordinata, diviene strumento d’amore e non di trasgressione come succede a chi si abbandona alla passione e rinuncia alla propria razionalità conducendo se stesso all’autodistruzione. A questo proposito Dante richiama gli uomini a non sottomettere la ragione al talento provocando una grave frattura interiore (Inf. V, 34-35)14.

Solo l’uomo integro moralmente può offrire un laborioso e utile contributo alla collettività. I giuristi, osserva il Pontefice, siano pertanto operatori di pace, cercando di trovare sempre le soluzioni adeguate per far cessare i conflitti nel rispetto della verità15. Una lezione utile soprattutto ai politici, a cui per la prima volta, nel 2002, un papa rivolge un discorso esortandoli a riflettere come senza il cristianesimo non si possono comprendere i valori della nazione. Le attività dei governanti, protese per il bene comune, devono essere illuminate dallo spirito di servizio, in cui attecchiscono i valori sociali evitando il grave pericolo di un relativismo etico privo di ogni riferimento morale16. Ecco le parole del Pontefice: Illustri Rappresentanti del Popolo italiano, dal mio cuore sgorga spontanea una preghiera da questa antichissima e gloriosa Città – da questa Roma onde Cristo è romano, secondo la ben definizione di Dante (Pg. XXXII, 102) – chiedo al Redentore dell’uomo di far sì che l’amata Nazione italiana possa continuare, nel presente e nel futuro, a vivere secondo la sua luminosa tradizione, sapendo ricavare da essa nuovi e abbondanti frutti di civiltà, per il progresso materiale e spirituale del mondo intero17. La citazione del Purgatorio riguardo alla Romanità di Cristo assume un grande valore semantico in Giovanni Paolo II, così come in Paolo VI e Pio XI, insigni fautori della centralità e universalità di Roma. Per Wojtyla Roma è luogo in cui si è diffuso il cristianesimo nonché sede del Papato e luogo per edificare l’impero, garante della giustizia sulla Terra e della libertà intesa come equilibrio tra volontà e ragione.


1.4 Devozione mariana.

Immensa è la devozione verso Maria da parte di Giovanni Paolo II e di Dante, che scrive versi di sublime bellezza per venerarla. Tra i numerosi discorsi val la pena citarne due in particolare: l’omelia del 31 maggio 1979 e il discorso del 29 ottobre 2002 ai membri delle Accademie Pontificie. Chiudendo il mese mariano nel 1979 il Papa, presentando il Magnificat, sottolinea il servizio della Madonna nei confronti della cugina Elisabetta esaltandone l’umiltà e la fede che l’ha resa prima discepola e poi condotta ad accogliere il progetto di Dio. Ogni cristiano deve riconoscersi nelle parole di Dante: «il nome del bel fior ch’io sempre invoco e mane e sera» (Pd. XXIII, 88-89) e dedicare alla Vergine la sua riverenza in ogni momento della sua giornata18. Allo stesso modo nell’Angelus dell’8 dicembre 2001 il discorso riflette lo splendore di Maria che conduce a Cristo: L’Immacolata invita gli uomini a non fermare lo sguardo su di lei, ma a volgere gli occhi sul mistero della Trinità, poiché come la luna brilla della luce del sole, così lo splendore immacolato di Maria è totalmente relativo a quello del Redentore. La Madre ci rinvia al Figlio; passando attraverso di lei si giunge a Cristo. Per questo opportunamente Dante annota: “ché la sua chiarezza sola ti può disporre a veder Cristo”19. Solo guardando Gesù l’uomo può capire sé stesso, tuttavia per guardare Lui si deve ricorrere alla Madre e allora possa ogni cristiano seguire l’invito che San Bernardo fece all’Alighieri: «Riguarda ormai nella faccia che a Cristo più si somiglia ché la sua chiarezza sola ti può disporre a veder Cristo» (Pd. XXXII, 85-87). Attraverso Maria si giunge alla contemplazione di Dio, così Giovanni Paolo II spiega il 29 ottobre 2002 alle accademie pontificie20, ancora una volta attraverso le parole dell’evangelizzazione dantesca.


1.5 Il valore dell’arte cristiana.

L’attenzione del Papa verso il poema dantesco dà valore al dialogo, tanto valorizzato lungo il corso del suo magistero, tra arte e Chiesa: L’opera artistica appartiene alle possibilità di essere cristiani perché essere cristiani vuol dire anche essere artisti, amare il bello, amare l’arte, amare l’arte drammatica e anche le altre arti. Il bello va insieme con il vero, con il bene, e con tutto ciò che compone le aspirazioni più profonde dello spirito umano21. Il concetto viene espresso con forza successivamente nella Lettera agli artisti del 4 aprile 1999, in cui viene sottolineato il Bene come condizione metafisica della bellezza e l’alleanza tra Vangelo e Arte, come mostrano grandi artisti quali Dante, Dostojevsky, Claudel, Florenskij, Cusano, Chagall. [La conoscenza di fede] –leggiamo nella Lettera agli artisti- può trarre giovamento dall’intuizione artistica […] Mentre un mirabile poeta come Dante Alighieri poteva comporre “il poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra (Pd. XXV, 1-2) e che non è affatto un pericolo per la fede cristiana, centrata sul mistero dell’Incarnazione e dunque sulla valorizzazione dell’uomo da parte di Dio22.

Il cammino dell’arte è analogo a quello della fede, perché ogni autentica espressione estetica fornisce una visione del reale che trascende il dato sensibile23. L’arte è epifania del divino, ha un ruolo trascendentale; essa non è evasione perché il bello coincide con il vero. Nelle poesie del suo Trittico romano, alla stregua di Dante, Giovanni Paolo II sperimenta il mistero della creazione artistica, esprimendo attraverso il lessico e le immagini le verità teologiche e soprattutto la dimensione escatologica ed etica come paradigma esistenziale. Ispirato da queste ragioni il giovane Wojtyla partecipa al Teatro rapsodico in Polonia che, prendendo ispirazione dai rapsodi dell’antica Grecia, dall’Antigone di Sofocle o dalla Commedia di Dante, operava attraverso la poesia e l’intimità della parola una grande azione civilizzatrice contro il nazismo oppressore del popolo polacco. Specialmente nelle pagine dantesche il futuro papa percepiva in ogni tappa del viaggio l’impronta dell’insegnamento cristiano e l’itinerario della storia della salvezza24. Anch’egli poeta,25 Wojtyla coglie nei versi di Dante un’occasione privilegiata di conoscenza, un “racconto teologico” evangelizzatore, che esprime le verità di fede con finalità pastorali e educative. La poesia assume così un valore metafisico e universale.

1.6 Dante, padre della Chiesa.

Come risulta dalle rapide note qui descritte, papa Wojtyla ha saputo citare Dante in contesti di diversa natura, dalla letteratura, alla teologia, alla giurisprudenza, alla morale. Il 31 agosto 1997 a Castel Gandolfo, in occasione della lettura commentata dell’ultimo canto del Paradiso da parte di Vittorio Sermonti, il Papa dichiara come l’arte del poeta sia capace di infondere coraggio e speranza e indirizzare l’uomo contemporaneo verso la ricerca di Dio, e come a distanza di secoli essa svolga ancora il suo ruolo catartico e purificatore26.

La Divina Commedia, assicura il Wojtyla, è un vero e proprio programma di rilancio per la promozione umana in ogni tempo27, una guida per lo spirito di ogni uomo nel suo incontro con il Mistero. Nel Sommo Poema si intrecciano la dimensione teocentrica con quella antropocentrica, per cui il poeta veste il ruolo di autentico sacerdote capace di abbracciare in un unico sguardo d’amore il visibile e l’invisibile. Con la lettura dell’ultimo canto del Paradiso, stasera siamo stati invitati a farci anche noi pellegrini dello spirito e a lasciarci condurre dalla sublime poesia di Dante a contemplare “l’Amor che muove il sole e l’altre stelle (Pd. XXXIII, 145), fine supremo della storia e di ogni vita umana. Il Sommo Poeta infatti indica in questi versi l’approdo definitivo dell’esistenza, dove le passioni si placano e dove l’uomo scopre il suo limite e la sua singolare vocazione di chiamato alla contemplazione del Mistero divino28. Per tutte queste ragioni Dante per papa Giovanni Paolo II è un vero e proprio Padre della Chiesa per competenza scritturistica, teologica e filosofica. Il sacro poema è un ponte tra l’uomo e Dio, per cui teologia e poesia vivono un’armonica simbiosi in direzione di un comune obiettivo: il perfezionamento morale in vista del raggiungimento della verità divina.

2. BENEDETTO XVI E DANTE: LA POESIA PER UNA MIGLIORE
COMPRENSIONE TEOLOGICA

Anche Joseph Ratzinger, papa di lunga esperienza teologica e filosofica, riprende la poesia evocativa di Dante e la integra al suo pensiero nei suoi scritti e nei suoi discorsi. L’universo poetico del poeta fiorentino è in linea con alcuni punti nodali del suo pontificato: la legge morale come criterio imprescindibile di ogni azione umana, nonché la risposta teologica alle domande radicali dell’uomo di ogni tempo29 e l’Amore come fondamento della vita cristiana. L’affinità col pensiero dantesco offre così a Benedetto XVI la costruzione di un’evangelizzazione teologico-letteraria mirante al cuore dell’uomo attraverso il linguaggio dantesco costituito da simboli e immagini, che inducono il lettore a riflettere sulla verità spirituale che alberga nell’intimo di ogni uomo.

2.1 L’amore tra poesia e teologia

Per il Papa la poesia è uno strumento che aiuta l’uomo a rendere più agevole ogni percorso di vita costellato da luci e ombre, così come ha inteso Dante, che con i suoi versi ha dato voce ai silenzi interiori. La poesia è una finestra aperta sul Mistero e contiene l’aspirazione umana verso l’infinito e l’eterno. Poesia e Teologia di conseguenza percorrono lo stesso binario spirituale testimoniando il soprannaturale. Il merito di Dante per il Papa Ratzinger è quello di aver saputo intercettare i fondamenti vitali che l’uomo rischia di smarrire nel vortice del suo cammino; egli ha ridato volto e nome alle percezioni tacite e invisibili dell’intelligenza, per cui la sua poesia si fa mediatrice tra l’intelletto e il cuore conducendo il cristiano alla scoperta di se stesso e di ciò in cui crede.

Nell’Enciclica Deus Caritas Est del 25 dicembre 2005 il Pontefice cita Dante, che attraverso la sua visione ha recuperato il significato vero della parola Amore, riprendendo temi già trattati prima della salita al soglio pontificio e nel libro Introduzione al cristianesimo,30 e scrivendo dello scandalo operato da Cristo, figlio di Dio, e quindi del significato del suo volto amorevole. Benedetto XVI recupera la bellezza di questo pensiero servendosi della Divina Commedia: «Dentro da sé del suo colore istesso, mi parve pinta della nostra effigie, perché il mio viso in lei tutto era messo»31. Dante, contemplando il mistero di Dio, scorge con estatico rapimento la propria immagine, ossia un volto umano, proprio nel cuore di un abbagliante e divino cerchio di fiamme. L’Amore, secondo il Papa, è una parola abusata e consumata, che deve essere ripresa e riportata al suo valore originario di parola primordiale, per guidare il cammino dell’uomo. Questa consapevolezza lo ha indotto a scegliere l’Amore come tema della sua prima Enciclica e ad esprimere ciò che Dante nella sua visione ha saputo cogliere, una vista che s’avvalorava mentre egli guardava e mutava interiormente32. L’espressione di Dante: Intelletto d’amore specifica che l’Amore è ricco di intelligenza e l’intelligenza è piena d’amore.

2.2 Mariologia dantesca.

Proprio come i suoi illustri predecessori, Benedetto XVI invoca l’intercessione di Maria per la costruzione di un progetto culturale e spirituale che ponga al centro la dignità di ogni uomo e lo sviluppo di tutti i popoli. Durante l’Angelus per l’Immacolata Concezione dell’8 dicembre 2005, parlando dell’importanza della solennità, il Papa esordisce proprio con la fonte paradisiaca dantesca: “E’ un giorno di intenso gaudio spirituale, nel quale contempliamo la Vergine Maria “umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio” come canta il sommo poeta Dante (Pd. XXXIII, 2-3), secondo cui la Vergine esalta la bontà di Dio creatore, che l’ha scelta come Madre di Cristo rendendola immune da ogni colpa, perché fosse degna della maternità divina”33; e ogni buon pellegrino si rivolge alla sorgente del suo cuore per ricavarne fede e consolazione, protezione e pace.

La stessa perifrasi compare in occasione della medesima solennità l’anno dopo, 8 dicembre 2006, in cui il Pontefice cita nuovamente la terzina dantesca che celebra la Vergine Maria, durante l’Angelus in piazza San Pietro. «Lo sottolinea bene Dante Alighieri nell’ultimo canto del Paradiso: «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,/umile ed alta più che creatura,/termine fisso d’eterno consiglio» (Pd. XXXIII, 1-3). La Vergine stessa nel Magnificat, il suo Cantico di lode, dice: «L’anima mia magnifica il Signore […] perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc. 1,46-48)34. Dio ha glorificato l’umiltà della Vergine e così l’ha voluta come Madre di Dio e della Chiesa, come modello di cristianesimo vissuto in maniera autentica.

Da mettere in risalto ancora i riferimenti alla mariologia dantesca nell’ultimo canto del Paradiso, come nel caso del discorso del 24 marzo 2007 rivolto ai pellegrini di Comunione e Liberazione, radunatisi a Roma in occasione del XXV anniversario del riconoscimento pontificio dell’Associazione. In tale occasione Benedetto XVI ricorda la figura del fondatore, Don Giussani, e affida, citando Dante, il movimento alla protezione di Maria: “Terminiamo questo nostro incontro volgendo il pensiero alla Madonna con la recita dell’Angelus. Verso di Lei don Giussani nutriva una grande devozione, alimentata dall’invocazione “Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam” e dalla recita dell’Inno alla Vergine di Dante Alighieri che avete ripetuto anche questa mattina. Vi accompagni la Vergine Santa e vi aiuti a pronunciare generosamente il vostro sì alla volontà di Dio in ogni circostanza”35. In Maria è chiaro il riflesso della Bellezza di Dio che risplende sul volto di Cristo; essa è bellezza integrale che determina l’universo del noi, una nuova fecondità e procura alimento per agevolare il cammino verso Dio, fonte di Amore. All’incarnazione di Cristo per mezzo di Maria Dio ha affidato la vittoria sul peccato originale.

2.3 Fede, arte e cultura

Il poeta fiorentino è sempre ritenuto esempio di perfetta unione tra fede e cultura, per cui diventa figura esemplare per la nazione e per il cristianesimo. In occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura, il 15 giugno del 2007, organizzazione voluta da Giovanni Paolo II per dare nuovo slancio all’impegno ecclesiastico tra cultura e Vangelo, Benedetto XVI riflette sull’attualità di tale organismo fondato sulla consapevolezza che la storia della Chiesa non si può separare da quella della cultura e dell’arte: “Opere quali la Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino, la Divina Commedia di Dante, la Cattedrale di Chartres, la Cappella Sistina, le “Cantate” di Bach costituiscono delle sintesi ineguagliabili tra fede cristiana ed espressione umana e manifestano in termini eclatanti il legame tra fede e cultura, un legame che può benissimo realizzarsi nella quotidianità di ogni uomo, pur nella differenza delle condizioni di vita36″.

L’Amore di Dio e l’incarnazione di Cristo hanno operato, secondo il Pontefice, una rivoluzione non solo nella storia dell’umanità, ma anche nella cosmologia: “E’ l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale universale del creato”. Ciò va inteso invece in senso non poetico, ma reale. Così lo intendeva del resto lo stesso Dante, quando nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera “Divina Commedia”, definisce Dio “l’Amor che move il Sole e l’altre stelle” (Pd. XXXIII,145). Questo significa che le stelle, i pianeti, l’universo intero non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia37. E il 30 ottobre 2009 in occasione del discorso pronunciato per l’anno internazionale dell’astronomia, il Papa richiama ancora una volta il celebre verso di Dante: “Spero che lo stupore e l’esultanza che intendono essere i frutti di questo Anno Internazionale dell’Astronomia condurranno oltre la contemplazione delle meraviglie del creato fino alla contemplazione del Creatore e di quell’Amore che è il motivo che sottende la sua creazione, l’Amore che, con le parole di Dante Alighieri “move il sole e l’altre stelle”38. Fede e ragione hanno nel pensiero dantesco del pontefice un’unica tensione veritativa, quella tensione che non conosce opposizione ma che vive di un valore fondante e trasformante.

Come esempio di connubio tra cultura, arte e fede, Dante viene citato anche nel messaggio indirizzato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 17 marzo 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità Nazionale. La ricorrenza fornisce al pontefice l’occasione per riflettere sulla storia d’Italia, in cui proprio a partire dal Medioevo, comincia a delinearsi una coscienza nazionale, che avrà il suo culmine nel periodo risorgimentale con l’unificazione politica vera e propria: “Il cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana” attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica. Dante, Giotto, Petrarca, Michelangelo, Raffaello, Pierluigi da Palestrina, Caravaggio, Scarlatti, Bernini e Borromini sono solo alcuni nomi di una filiera di grande artisti che, nei secoli, hanno dato un apporto fondamentale alla formazione dell’identità italiana39. Sono tutte citazioni che mostrano come il cristianesimo abbia segnato con la sua impronta il cammino dell’uomo nella sua vita sociale, culturale e artistica e come il pensiero autorevole di un poeta di Dio possa infondere sete e fiducia nell’animo del credente.

2.4 San Paolo, san Francesco e san Domenico: da Dante a Benedetto XVI.

Ad alcune figure carismatiche Dio ha affidato il compito di guidare il suo popolo. L’udienza generale del 25 ottobre 2006 contiene una meditazione del pontefice sul ruolo di San Paolo, apostolo ed evangelizzatore. Al santo di Tarso Benedetto XVI dedica l’encomio di san Giovanni Crisostomo, che per le sue virtù lo esalta considerandolo addirittura superiore agli angeli, e lo stesso Dante lo ricorda con venerazione: “Dante nella “Divina Commedia”, ispirandosi al racconto di Luca negli Atti, lo definisce “vaso di elezione” (Atti, 9,15) che significa: strumento prescelto da Dio40″. Personalità straordinarie quelle di Enea e san Paolo, ai quali è stato concesso di visitare l’Oltretomba, così come a San Bonaventura e san Bernardo è stata affidata la speranza di accedere al mistero di Dio; e in continuità a quanto detto, all’udienza generale del 27 gennaio 2010 Papa Ratzinger rispolvera la fonte dantesca per ricordare le persone di Dio e in particolare san Francesco e san Domenico e i meravigliosi canti XI e XII del Paradiso a loro dedicati dal poeta toscano. Entrambi i padri fondatori sono campioni di santità, come affermano le seguenti parole: “Cari fratelli e sorelle, in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da San Francesco d’Assisi e da San Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo, autentici giganti della santità, che continuano ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione41″. Tali figure carismatiche sono, secondo il Pontefice, indispensabili per la formazione del buon cristiano, sono inviate direttamente da Dio e costituiscono i modelli spirituali da ammirare e da seguire.

Benedetto XVI, da buon teologo, apprezza la via del poeta toscano e propone l’esegesi dei suoi versi come itinerario per la salvezza. Agostino, Tommaso, i Padri e i teologi hanno aperto una breccia su cui Dante ha fondato il suo dialogo teologico diffondendolo nei secoli. Sulla scia dei suoi predecessori ha proseguito il cammino solcato da Dante anche Papa Francesco con la Lettera apostolica Candor lucis aeternae, definendo l’Alighieri “profeta di speranza”, “cantore del desiderio umano”, poeta della misericordia di Dio e della libertà” e la sua vita “paradigma della condizione umana”42.


NOTE

1. Cfr. per una gamma estesa di citazioni dantesche da parte del papa Giovanni Paolo II il volume di V. Merla, Papi che leggono Dante. La ricezione dantesca nel magistero pontificio da Leone XIII a Papa Francesco, Stilo Editrice, Bari 2018, 361-436.
2. Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai frati minori conventuali del centro dantesco di Ravenna, in www.vatican.va. Per i documenti del magistero papale di Karol Wojtyla si veda Insegnamenti di Giovanni Paolo II, voll. 26, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1978-2005.
3. Cfr. Id., Discorso al Consiglio di Presidenza della Società Dante Alighieri, in www.vatican.va.4. Cfr. Id., Discorso ai vescovi della Toscana in visita ad limina apostolorum in www.vatican.va
5. Cfr. Id., Lectio Magistralis. Conferimento al Santo Padre Giovanni Paolo II della laurea “honoris causa” in Giurisprudenza da parte dell’università “La Sapienza” di Roma in: www.vatican.va.
6. Cfr. Id., Discorso ai partecipanti all’incontro di lavoro sul tema della pastorale universitaria, in: www.vatican.va.7. Cfr. Id., Discorso al capitolo generale dell’Unione Santa Caterina da Siena delle missionarie della scuola, in www.vatican.va.8. Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai Padri Capitolari dell’Ordine dei Frati Minori, in: www.vatican.va.
9. Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli artisti delle compagnie Petit Pauvre in www.vatican.va.10. Cfr. Giovanni Paolo II, Santa Messa per l’Opus Dei. Omelia, in: w2.vatica.va (19 agosto 1979).
11. Cfr. Id., Santa Messa per la chiusura del congresso eucaristico nazionale. Omelia in: www.vatican.va (14 giugno 1987).12. Cfr. Id., Discorso ad un gruppo di lavoratori dipendenti dell’Enel, in: www.vatican.va .13. Cfr. Id., Discorso ai dirigenti dell’Alitalia, in www.vatican.va.
14. Cfr. Id., Udienza generale, in www.vatican.va (10 settembre 1980).
15. Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli officiali e avvocati del tribunale della Rota Romana, in: www.vatican.va (21 gennaio 1999).
16. Cfr. Id., Visita al Parlamento italiano in seduta pubblica comune, in www.vatican.va (14 novembre 2002).
17. Ibidem.
18. Cfr. Id., Conclusione del mese mariano. Omelia, in www.vatican.va.
19. Cfr. Id., Angelus, 8 dicembre 2001, www.vatican.va.
20. Cfr. Id., Discorso ai partecipanti alla settima seduta pubblica delle pontificie accademie, in www.vatican.va
21. Cfr. Id., Discorso alla Parrocchia di san Damaso a Monteverde, 6 marzo 1988, www.vatican.va.
22. Cfr. Id. Lettera agli artisti, paragrafi 1.6.8.9
23. Cfr. V. Merla, Papi che leggono Dante, cit., 407.
24. Si veda B. Garavelli, Il catechismo della Divina Commedia, in “Avvenire”, 25 febbraio 2015.
25. Sul Trittico romano e in genere sulla poesia di Karol Wojtyla si consiglia la lettura di A. Spadaro, Nella melodia della terra. Le poesie di Karol Wojtyla, Jaca Book, Milano 2006, in cui si esprime un concetto di arte come valore mistagogico, come guida verso un’esperienza reale.
26. Cfr. Id., Termine della lettura dantesca da parte di Vittorio Sermonti, in www.vatican.va.
27. Cfr. Id., Discorso ai vescovi della Toscana, 13 giugno 1986, in www.vatican.va
28. Ibidem.
29. Si veda A. Rotondo, La Divina Commedia orizzonte di ogni autentico umanesimo: da Benedetto XV a Francesco, Dante riletto dai Papi, 13-15 settembre 2018, in www.italianisti.it/pubblicazioni/atti del XXII Congresso/Natura-Società-Letteratura.
30. Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Queriniana, Brescia 1969, 149.
31. Pd. XXX, 40-42.
32. Pd. XXXIII, 112-114.
33. Benedetto XVI, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Angelus,8 dicembre 2005, www.vatican.va.
34. Benedetto XVI, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Angelus, 8 dicembre 2006, www.vatican.va.
35. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al pellegrinaggio promosso dalla fraternità di Comunione e Liberazione, 24 marzo 2007, www.vatican.va.
36. Cfr. Benedetto XVI, Discorso agli “officiali” del Pontificio Consiglio della Cultura, 15 giugno 2007, www.vatican.va.
37. Benedetto XVI, Santa Messa nella solennità dell’Epifania del Signore. Omelia, 6 gennaio 2009, www.vatican.va.
38. Benedetto XVI, Discorso pronunciato in occasione del Colloquio patrocinato dalla Specola Vaticana in occasione dell’anno internazionale dell’astronomia, 30 ottobre 2009, www.vatican.va.
39. Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre a sua Eccellenza l’Onorevole Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, in occasione del centocinquant’anni dell’unità politica d’Italia,17 marzo 2011, www.vatican.va.
40. Benedetto XVI, Udienza generale, 25 ottobre 2006, www.vatican.va
41. Benedetto XVI, Udienza generale, 27 gennaio 2010, www.vcatican.va.
42. Cfr. Papa Francesco, Candor lucis aeternae, Paoline, Città del Vaticano 2021.