Roberta Foresta
L’Ospizio del Gran San Bernardo è stato fondato all’incirca nel 1045/1050 da San Bernardo che alcune tradizioni orali lo vogliono da Mentone, anche se sappiamo che è stato arcidiacono di Aosta. La fondazione dell’Hospice risponde ad un grande bisogno del tempo dal momento che il valico di Mont-Joux costituiva il collegamento più breve tra il nord Europa e Roma, il centro della cristianità.
Bernardo, arcidiacono di Aosta, a quel tempo, ascoltando i viandanti che venivano dal nord Europa affrontando innumerevoli difficoltà (non ultime le condizioni climatiche difficili) per riuscire ad attraversare il valico del Mont-Joux, sente di dover rispondere in qualche modo a questo bisogno. Sentì forte l’esigenza di aiutare i viandanti a transitare in modo più sicuro, offrendo la possibilità di pernottare, di fare una sosta. Secondo la tradizione orale, San Bernardo sarebbe salito al Colle del Gran San Bernardo e avrebbe dunque fondato l’ospizio proprio nel periodo in cui i Saraceni facevano razzie tra i viandanti che attraversavano il Colle.
Dopo aver convertito alla fede cristiana il capo dei Saraceni e con la collaborazione di altre persone fondò il primo ospizio, una piccola casa nella parte più alta del Valico del Gran San Bernardo, allo scopo di accogliere e offrire la possibilità ai pellegrini di sostare almeno una notte. A questo scopo chiamò una piccola comunità religiosa alla quale affidò questa missione con il motto: “Qui Cristo è adorato, nutrito e nutre”. Sono ormai quasi mille anni che questo servizio di accoglienza è assicurato a tutti quelli che passano di qui, grazie alla presenza ininterrotta della comunità religiosa dei canonici del Gran San Bernardo.
Si trattava di persone costrette dalla necessità, la montagna a quei tempi faceva molta paura. La si attraversava solo se si era costretti a farlo. Si trattava dunque di mercanti, soldati, persone spinte da motivi religiosi che potevano trovare lungo la strada una casa, per sostare e riprendere le forze per proseguire sulla loro strada. Non era dunque, questa casa, un punto di arrivo, come poteva essere un santuario, un monastero, che spingeva al pellegrinaggio. Invece questa casa era sulla strada degli uomini; si trattava di persone che transitavano per raggiungere Roma, il cuore della Chiesa nel Medioevo.
Dobbiamo dire che c’è stata un’evoluzione abbastanza sconvolgente, con un cambiamento decisivo a livello sociale avvenuto con l’apertura del traforo del Gran San Bernardo, nel 1964. Fino ad allora c’era stato un passaggio significativo di persone. Dopo il 1964 ci si è interrogati sul destino dell’Ospizio, se si doveva o meno continuare a tenere aperta la casa perché c’era da prevedere che d’inverno nessuno sarebbe più passato attraversando il valico, viaggiando piuttosto per il traforo del Gran San Bernardo. Un canonico, priore dell’Ospizio del Sempione dal 1959 al 1966, prete e guida alpina di nome Gratien Voluz, intuendo il legame tra la montagna e la ricerca di Dio, cominciò ad organizzare pellegrinaggi alpini, ritiri spirituali, settimane di preghiera.
Diede così un nuovo impulso all’Ospizio che diventò un punto di riferimento per tutti coloro che erano alla ricerca di un po’ di spiritualità, di un senso nella vita. Le persone che d’inverno frequentano la casa vengono per praticare lo sport alpino, oppure perché desiderano sostare in un luogo di quiete, di silenzio, o perché sono alla ricerca di sé stessi e desiderano quindi vivere un’esperienza particolare, per corrispondere quindi a un preciso bisogno personale. Attualmente, la maggior parte delle persone che vengono d’inverno lo fanno per praticare lo sci, o per una ciaspolata in montagna. Solo una minoranza viene per motivi religiosi. D’estate, essendo la strada aperta al traffico, abbiamo una categoria di turisti che passano, si fermano e dichiarano di non conoscere nulla del messaggio di San Bernardo, ma sono attirati dai famosi cani che vengono a vedere anche attraverso il museo e così scoprono la storia del valico del Gran San Bernardo e dell’Ospizio e sono desiderosi anche di visitare la casa e di vedere cos’è l’Ospizio. Vi è una scoperta di tipo culturale, realizzata attraverso l’esperienza turistica.
Noi accogliamo la persona umana, non chiediamo per quali motivi viene. La nostra vocazione è di accogliere la persona umana; il suo volto per noi rivela il volto di Cristo. Abbiamo deciso di offrire la nostra vita seguendo questo spirito, quando accogliamo sentiamo di corrispondere alla nostra vocazione. Le persone che arrivano all’Ospizio sono per noi una continua conferma della nostra vocazione all’accoglienza. Quando i visitatori vengono da noi e talvolta si aprono confidandoci la motivazione della loro visita, a volte rimaniamo stupiti e questo ci conferma l’importanza della nostra presenza sul Valico. Rimaniamo sempre molto arricchiti dalla presenza degli ospiti e quando abbiamo vissuto il periodo del Covid nella totale solitudine, senza la presenza di alcun pellegrino, ci siamo accorti che la nostra vocazione non è quella dei monaci: siamo in un Ospizio, una casa di accoglienza per tutti, luogo di ascolto e di accompagnamento, di servizio alle persone e la nostra è una presenza religiosa apostolica, aperta al contatto con i fedeli. Le persone, da parte loro, sono molto curiose di sapere chi siamo, come trascorriamo le nostre giornate, se preghiamo, le domande che ci rivolgono sono spesso le stesse, molto semplici e in particolare, tutte le persone che passano di qui sono molto attirate dalla presenza dei cani.
La nostra vocazione sulla montagna è l’apertura all’altro. Questo ci ricorda che non dobbiamo essere centrati su noi stessi ma aperti all’incontro con l’altro. Incontrare significa una grande disponibilità e flessibilità rispetto alla scansione della nostra vita quotidiana. Abbiamo certo dei momenti di preghiera ai quali diamo la precedenza e gli impegni di vita religiosa. Accanto a questo però ci deve essere, come ho detto, una grande disponibilità ad incontrare la gente, semplicemente accogliendola com’è. Nell’incontro poi scopriamo la reciprocità dell’accoglienza che è anche delle persone che vengono. L’incontro è accompagnato dall’ascolto che per noi è un costante esercizio, cercare di non pensare a sé stessi ma di accogliere la storia dell’altro. Abbiamo anche, durante il periodo estivo, un nucleo di volontari dell’accoglienza che condividono con noi lo spirito della nostra comunità e che si prodigano nel cercare di rispondere alle necessità e alle piccole richieste quotidiane di tipo materiale che arrivano dai pellegrini. Questo è lo spirito di San Bernardo: saper accogliere, accompagnare e liberare, tramite il dialogo e l’ascolto, le persone che vengono a trovarci all’Ospizio.
L’arte, con il suo messaggio, è una testimonianza dell’incontro con il pellegrino, e di una presenza religiosa che si racconta lungo i secoli. Nell’Ospizio, vi è la presenza di due luoghi di culto: una cappella e una chiesa. Il primo, eretto nel XIII secolo, viene chiamata la Cripta, dove abbiamo al centro un Cristo senza la croce avvolto da un fascio di luce. L’insieme rappresenta contemporaneamente la Morte, la Risurrezione e l’Ascensione in cielo di Gesù, tre misteri della nostra fede rappresentati sopra il tabernacolo. Nella Cripta abbiamo poi molte sculture realizzate con pezzi di metalli di scarto dallo scultore francese Jean-Pierre Augier; tra le altre, una scultura di San Bernardo come pellegrino, una scultura di pellegrini che camminano incontro al vento e altre opere come i candelabri, leggio, copertura del tabernacolo. Poi c’è la Chiesa grande del XV-XVII secolo, con il suo stile rinascimentale / barocco. Il secondo, la Chiesa grande, eretta nei secoli XV-XVII, ha uno stile rinascimentale / barocco.
L’arte pitturale e le sculture che vi possono essere ammirate esprimono temi della fede cristiana e hanno come scopo principale la catechesi dei viandanti che vi si fermano. Il pellegrino che viene in questo luogo tocca, tramite l’arte, la testimonianza di una vita religiosa che si è svolta lungo i secoli in questo luogo sulla montagna. Appena si entra nella Chiesa si vede il mistero di Maria assunta in cielo, un dogma della fede cattolica. Nella Chiesa, sopra i due altari laterali, vi è la presenza di San Bernardo, fondatore dell’Ospizi, di Sant’Agostino, Padre spirituale dell’ordine dei canonici regolari, che ha scritto la regola di vita che porta il suo nome e che i canonici regolari mettono in pratica. Nella volta del presbiterio della chiesa viene rappresentato il vescovo san Nicola di Bari scelto da Bernardo di Aosta come santo protettore, dedicandogli la chiesa da lui fondata, a causa della sua grande apertura di spirito praticando l’ospitalità. Nell’Ospizio del Gran San Bernardo si sente la presenza della fede cristiana che è viene espressa dalle parole del motto dell’Ospizio: HIC CHRISTUS ADORATUR ET PASCITUR (Qui Cristo è adorato, nutrito e nutre).
Da ricordare anche il Tesoro dell’Ospizio, una collezione di oggetti sacri che può essere visitata dagli ospiti, con oggetti sacri per la celebrazione della Messa, riguardanti la devozione popolare, o relativi a San Bernardo di Aosta e anche oggetti sacri relativi alla nostra vita comunitaria più recente.
Siamo tutti stranieri, io lo intendo riferito al motivo della fondazione dell’Ospizio, nato per i pellegrini di passaggio al Valico del Gran San Bernardo. Questo motivo diventa, se vogliamo, la metafora della nostra vita, nel senso che tutti, dal momento della nascita sappiamo di essere di passaggio. In questo Ospizio nessuno si ferma, la gente viene per un tempo determinato per poi andarsene. Lo stesso discorso vale per i Volontari dell’accoglienza e anche per noi religiosi che, attualmente, siamo in quattro. Siamo tutti di passaggio, quindi siamo tutti un po’ stranieri rispetto a questo luogo, l’Hospice.
L’arte presente all’ Ospizio ci fa prendere coscienza che siamo eredi di una lunga tradizione che i nostri antenati hanno stabilito in questo luogo, rappresenta per noi come una consegna della fede. L’arte serve a sensibilizzare la persona che viene e si lascia sensibilizzare al fatto che noi canonici siamo sulla strada degli uomini praticando un’ospitalità gratuita. L’arte serve a sensibilizzare la persona che viene; noi canonici siamo sulla strada degli uomini, praticando un’ospitalità gratuita. L’arte solleva il cuore, dona la pace dell’anima e spinge l’uomo a uscire da sé stesso, dalle cose materiali all’interesse per il silenzio, la musica, la bellezza, che qui costituiscono uno spazio, come un’aria di pace, e naturalmente lasciarsi coinvolgere dagli oggetti presenti nel Museo che raccontano una parte della storia del Valico del Gran San Bernardo e dei Canonici.