Vincenzo Lieto
In un mondo in cui il potere finanziario continua a determinare la politica degli Stati, in che modo “l’inutilità” dell’arte potrebbe consentire di raggiungere un equilibrio tra estetica e etica? E ancora: in un mondo che vede sempre più in pericolo l’ecosistema terra e avvicinarsi il punto di non ritorno per i nostri comportamenti scorretti ed egoistici, come l’arte, portatrice di emozioni, sensi, valori spirituali potrebbe aiutarci a redimerci e assicurare un futuro ai nostri figli? L’arte, che da sempre si rivolge a tutti, e che nei fatti è recepita da una minoranza, come potrebbe rendersi popolare senza scadere nell’effimero e nel banale? E se i primi a non credere nel valore dell’arte sono proprio coloro che dovrebbero concretamente difenderla e sostenerla, i governanti, i politici, come potrebbe mai l’arte influenzare le scelte delle nostre società?
Verrebbe da ammettere la sua inutilità, la sua insignificante incidenza sui disastri che ci deprimono. E tuttavia, tanto più la storia e la drammatica attualità potrebbero indurci al pessimismo, tanto più ci accorgiamo che, a prescindere da tutto, l’artista indica “le strade che portano all’essenza”, come cantava Franco Battiato. L’arte ci pone al cospetto della verità, ci mostra il mondo dal versante della libertà e del sogno, ci apre l’anima al mondo invisibile, in una parola ci spinge oltre, verso la dimensione che è propria del nostro spirito, l’infinito. Certo, come alta forma di comunicazione, può inoltre testimoniare, criticare, proporre rimedi, favorire lo scambio di idee. Ma l’arte non è solo questo, essa è specchio della realtà in una forma che trascende la realtà stessa.
Ecco che le domande iniziali possono configurarsi in un altro modo, in qualche misura ribaltato. Dove puntare: all’evasione, al disimpegno, all’effimero o all’essenza? Sempre Battiato, per restare ad un’icona popolare, ha affermato che “niente è come sembra, niente è come appare, perché niente è reale”. Tutto si può trovare, unire, allontanare e ritrovare, tutto può passare, morire, rinascere. Basta allargare i nostri orizzonti percettivi, accogliere quell’oceano di silenzio e interiorità di cui l’arte nel profondo vive e dove tutto può esserci svelato, dove le forme, se autentiche, vivono sempre nella verità, perché non sono solo forme, ma segnali, orizzonti, spazi d’anima, sorgenti spirituali. Anche nella crudezza del dolore, l’arte è simbolo di redenzione. È questo il suo inestimabile segreto.