Arte

L’esperienza di Roberto Cipollone

“Il mio lavoro non è solo opera di salvataggio: sento che devo anche ridare dignità all’oggetto scartato. La mia bottega è un ‘centro di accoglienza’ e un ‘ospedale da campo’ di oggetti che sono stati utili e preziosi, carichi di vita e di storia. E sono solo oggetti. Quanto più un uomo!”.
Roberto Cipollone (Ciro)

La feconda produzione artistica di Roberto Cipollone ha toccato numerosi temi durante la sua lunga carriera, tuttavia le sue opere hanno sempre posseduto quella particolare impronta materica data dal maestro dagli esordi. Le sue realizzazioni sono state sempre orientate verso l’uso di materiali usati e “rottamati”, donando loro una nuova forma e una nuova occasione di esistere. Contemplando una sua opera emerge la possibilità di addentrarsi con lo spirito nell’ideale connubio tra arte e fede, ma le sue stesse parole possono introdurci nel personale mondo artistico:

“La fine delle cose è spesso l’inizio di nuove cose: l’arte ha questo ruolo di usare l’immaginazione e l’abilità per creare cose che toccano il cuore e lo riempiono di meraviglia e gioia… ancora una volta”.

Con questo principio egli approda negli ultimi anni ai barconi dei migranti, colpito dalle immani tragedie che hanno visto il Mediterraneo protagonista. Ancora una volta dona sembianze alla sua idea di barcone con resti di ferraglia a cui aggiunge piccoli volti anonimi di terracotta, come anonimi sono i volti di chi è costretto a scappare, oppure l’idea delle sardine, strette per definizione ma che hanno assunto la definizione umana. Quei piccoli volti urlano e l’insieme assemblato dall’artista restituisce immediatamente il disagio delle immagini reali propinate in questi anni dai media. L’ispirazione contenuta nella sua arte, egli la ricerca nei segni che la natura, da lui tanto amata, imprime negli oggetti da lui scelti.

Nella sua ricerca fa incetta di ogni tipo di materiale scartato da altri, dove invece, evidentemente, lui vi legge le tracce di un vissuto. Questi materiali, oggetti oramai in disuso, provengono principalmente dal mondo contadino che Ciro sceglie, smonta, rielabora e dipinge, risultando, infine, oggetti trasformati ed artistici. Il suo lavoro trae spunto da sue letture, da ricordi o immagini raccolte fugacemente nel suo vissuto; casette, personaggi, animali, paesaggi e riproduzioni sacre sono create con ogni materiale o residui di essi, i quali hanno ormai perso la loro funzione originaria ma che comunque accendono la sua fantasia in una magistrale combinazione di tecnica e arte. La sua ricerca la possiamo interpretare come una costante ribellione al concetto di rifiuto inteso come nozione di bieco consumismo a breve termine. Tuttavia proprio a questo concetto distruttivo si oppone Ciro nella sua attività. Essere alla presenza delle sue opere vuol dire compiere un viaggio nel silenzio del suo umile mondo, toccare con mano la sua fervida creatività che si scontra decisamente con la esaltazione consumistica dei nostri tempi.

cipollone
Solo andata

Roberto Cipollone nasce a Pescara nel 1947, muove i primi passi d’artista proprio nella sua città, con le prime esperienze maturate nella fonderia artigianale di suo padre. Il lavoro in officina lo porta a prendere confidenza con i metalli e le fusioni, che instillano nel giovane il fascino della trasformazione della materia, l’uso operoso del fuoco e la certezza dal prodotto finito. Nel 1970 decide di trasferirsi in Olanda dove lavora in una fabbrica di metalli, inoltre ha la possibilità di entrare in contatto con Joop Falke, un artista del luogo morto nel 2016: orafo, scultore, designer di gioielleria, è stato definito dai critici d’arte un artista visivo. In Olanda Cipollone vi resta sei anni ed al suo ritorno in Italia si stabilisce a Loppiano (Firenze), piccolo centro fondato dal movimento dei Focolari, in questo luogo allestisce il suo laboratorio, orientandosi definitivamente verso il mondo dell’arte ed esprimere in tal modo il suo personale estro artistico. L’opificio verrà denominato La bottega di Ciro, anche tale pseudonimo è scelto con cura; esso trae origine dalla memoria dell’antico re persiano, passato alla storia per il rispetto e tolleranza verso i popoli che sottometteva.

Lo stesso rispetto e tolleranza che Ciro usa verso gli oggetti di cui si serve per creare le sue opere. Dal 1982 comincia ad esporre in mostre personali sia in Italia che all’estero: Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Lussemburgo, Cina, Venezuela e Giappone. In alcuni dei paesi dove ha esposto gli sono stati commissionati lavori di arredo sacro e interventi di recupero d’ambiente. Dovunque la sua arte materica è stata giudicata con favore per il senso di semplicità, bellezza e umanità che riesce a comunicare.

Gli oggetti, siano essi legno, ferro o qualsiasi altro materiale, acquistando la forma da lui concepita, recano in se un messaggio diretto a chi li guarda, come del resto possiamo dire di qualsiasi opera d’arte; in quel misterioso dialogo che l’opera instaura con ciascun fruitore, nel silenzioso rispecchiamento che essa restituisce a chi la guarda. Ha affermato più volte che egli è affascinato dalle zappe contadine, esse rappresentano il primordiale lavoro dei campi, attraverso il quale l’uomo realizza la sua attività, molti suoi lavori hanno per protagonista questo antico manufatto, la loro straordinaria versatilità permette all’artista di restituire, attraverso la sua fantasia, il potenziale ieratico che possiedono, che fa sognare Ciro ancora una volta…

Giovanni Porta