BURRIRAVENNAORO
A cura di Bruno Corà
MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, 14 ottobre 2023 – 14 gennaio 2024.
Un’importante mostra del maestro Burri viene allestita al MAR, il Museo d’arte della città di Ravenna, dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024, con inaugurazione il 13 ottobre alle 18.00. Il titolo della mostra, BURRIRAVENNAORO, nell’ambito dell’VIII Biennale di Mosaico Contemporaneo, ripercorre il legame intenso tra l’attività pittorica di Burri a partire dagli anni Ottanta e la storia e la cultura artistica di Ravenna, rievocando con un linguaggio del tutto nuovo i capolavori dell’arte bizantino- ravennate. Realizzata per opera di Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, la mostra si avvale del sostegno del Progetto del Ministero del Turismo per la valorizzazione di Ravenna Città del Mosaico, della Regione Emilia-Romagna, della Fondazione Gardini, della Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna e di Romagna Acque Società delle fonti.
Segnato profondamente dagli eventi tragici della seconda guerra mondiale e dall’esperienza della prigionia in Africa, Burri abbandona la professione medica per dedicarsi interamente alla pittura, creando un linguaggio pittorico tramite l’uso di materiali ritenuti estranei alla pittura, quali il catrame, la pietra pomice, le colle ed altri ed esaltando il cromatismo inerente a quei materiali: il nero del catrame, il grigio della pietra pomice, l’ocra delle colle e dei tessuti come la juta e i sacchi riciclati.
Nei due piani del MAR vengono esposte in mostra circa cento opere, tra le quali l’esemplare Grafica (1973) che gli valse il Premio Nazionale dei Lincei. Ad accompagnare tutta l’opera espositiva vi è un’area multimediale che offre la biografia di Burri, i progetti e i bozzetti per la committenza Gardini mentre alcuni filmati riprendono l’artista al lavoro. Il catalogo della mostra, edito da Sagep, presenta alcuni saggi critici di Bruno Corà, Francesco Moschini, Roberto Cantagalli e Daniele Torcellini che consentono di approfondire lo studio e la conoscenza di uno dei più grandi artisti europei della seconda metà del XX secolo.
Roberta Foresta
JAGO MUSEUM
Un’iniziativa a Napoli del progetto “Luce al quartiere Sanità” – formazione e d’inclusione sociale per giovani attraverso l’arte e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico locale
Dallo scorso 20 maggio 2023 il panorama museale napoletano si è arricchito ulteriormente con un nuovo spazio espositivo : lo “Jago Museum”.
Non un museo in senso classico, ma piuttosto l’atelier dell’artista aperto al pubblico, visitabile dal lunedì al giovedì, dalle 10 alle 13 (ultimo ingresso alle 12.30) e dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 17 (ultimo ingresso alle 16.30).
E’ collocato nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, che si trova all’ingresso del Borgo dei Vergini, nel Rione Sanità a Napoli, luogo di nascita del grande comico Totò, storico quartiere partenopeo pieno di contrasti ai piedi della collina di Capodimonte, ma, da alcuni anni, ormai aperto al turismo ed ad un opera di riqualificazione dal basso che ha fatto leva sulle sue tradizioni, sapori, colori e sulla sua ricca storia artistica.
L’edificio religioso, riaperto dopo anni di chiusura, abbandono ed incuria, è dedicato al primo vescovo della città, fondato nel 1633 è stato, poi, ricostruito in stile barocco e rococò nel XVIII secolo dopo i notevoli danni provocati dalle alluvioni che hanno interessato la zona con la conseguente necessità di riedificare l’edificio sacro ad una quota superiore. Chiuso durante gli ultimi 40 anni a causa dei danni subiti durante il terremoto del 1980, è stato interessato da ingenti opere di ristrutturazione a cura del FEC (Fondo edificio dei Culti del Ministero dell’Interno) proprietario della struttura. Grazie ad una convenzione con la proprietà, già durante il recente lockdown per l’epidemia di Covid, l’artista Jago ha allestito in questa chiesa il suo personale laboratorio dove ha realizzato la Pietà, grandiosa scultura in marmo a grandezza naturale.
L’ulteriore iniziativa dell’artista è stata, poi, la decisione di aprire al pubblico questo spazio espositivo che si caratterizza ulteriormente per essere il protagonista del progetto “Luce al Rione Sanità”.
Il progetto, realizzato dalla Cooperativa La Paranza con il sostegno di Fondazione CON IL SUD e Fondazione di Comunità San Gennaro insieme a Intesa Sanpaolo, è un’iniziativa di formazione e d’inclusione sociale per giovani del quartiere Sanità attraverso l’arte e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico locale e costituisce un innovativo modello di organizzazione capace di offrire un lavoro dignitoso e gratificante. La finalità del progetto è il contrasto alle disuguaglianze, l’inserimento lavorativo di giovani in situazione di fragilità, la rigenerazione urbana in contesti marginalizzati, la valorizzazione del contributo del Terzo Settore alla società e allo sviluppo del Mezzogiorno. La proposta si inserisce nel solco di quanto già la Fondazione di Comunità San Gennaro e la Cooperativa La Paranza realizzano da anni nel Rione Sanità, dove, attraverso importanti progetti di formazione, hanno recuperato e rivalutato le risorse del territorio, come, ad esempio, riaprendo al pubblico le Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso.
A ciò si aggiunge, ora, lo Jago Museum, dove all’ingresso è allestito un infopoint turistico, fruibile 7 giorni su 7, che collegherà tutti i monumenti presenti nel quartiere (chiesa di S Severo fuori le Mura, chiesa di Santa Maria della Sanità, chiesa di San Gennaro extra Moenia, chiesa di Santa Maria Maddalena, Catacombe di san Gennaro e di San Gaudioso) rappresentando idealmente il punto di partenza di un percorso turistico nel Rione.
I giovani del quartiere, riuniti in cooperativa, offrono il servizio di biglietteria, ma anche, con garbo e competenza -avendo seguito un apposito corso formativo- fanno da guida a visitatori allo spazio espositivo delle opere dei Jago.
Il visitatore potrà così ammirare – pur nell’alternarsi continuo di opere che animeranno, nel tempo, il percorso – tra l’altro, anche la Pietà, che non vuol essere una semplice riproposizione del celebre episodio biblico e di più famosi complessi statuari marmorei, ma una rielaborazione in chiave moderna che vuole immortalare nel marmo il momento di dolore che attanaglia l’uomo davanti alla morte, mentre con il gruppo di Aiace e Cassandra l’artista ci induce a riflette sulla violenza di genere, raffigurando l’eroe acheo nell’atto di violare la profetessa troiana che oppone una strenua resistenza.
Stimolante è la sensazione che si riceve entrando nella chiesa, dove lo spazio vuoto della navata accoglie le opere di marmo bianco o in pietra, alcune di notevoli dimensioni, in una sinergia tra antico e moderno che valorizza ulteriormente lo spazio bianco e grigio delle pareti della navata, senza produrre sgradevoli dissonanze. La materia scolpita sembra quasi animarsi sotto lo sguardo del visitatore che la scruta, comunicando l’intima essenza che la vivifica e che l’artista ha saputo trasformare per trasferirci i suoi sogni ed il suo dolore, in una girandola di emozioni che catturano l’attenzione di chi osserva.
Jago pur iniziando da autodidatta, osservando le statue scolpite dai grandi maestri del passato che hanno influenzato le sue realizzazioni, ha saputo, tuttavia, fondere la vecchia arte della scultura con il mondo digitale in modo del tutto personale ed originale.
Non è solo nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi che a Napoli si possono ammirare le opere di Jago. Poco distante nello stesso quartiere, presso la Basilica di San Severo fuori le mura, all’interno della Cappella dei Bianchi dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova, è conservato il Figlio Velato, statua in marmo candido del Vermont, come molte delle sue opere, che raffigura un bimbo steso a terra con gli occhi chiusi, coperto da un lenzuolo aderente –con un rimando alla celebre opera del Sanmartino – che mostra in evidenza una pancia gonfia.
L’artista ha saputo fissare in un unico blocco di marmo un triste aspetto della realtà contemporanea, ormai quasi assuefatta ed insensibile ai tragici eventi di morti innocenti nel mar Mediterraneo, che sempre più spesso la cronaca quotidiana ci offre, obbligandoci ad una profonda riflessione.
Riflessione ed emozioni che si accrescono ulteriormente grazie proprio all’allestimento privo di disarmonie con il contesto tipicamente seicentesco della chiesa, e che, anzi, consente di far dialogare efficacemente il Figlio Velato con la tela raffigurante S. Nicola di Bari della scuola di Luca Giordano, ai lati dell’altare, creando un dialogo o meglio un invocazione rivolta al Santo, che nei secoli ha portato doni ai fanciulli bisognosi, da parte dei bimbi innocenti morti nel XXI secolo che, ormai, non possono più chiedere doni propriamente terreni, ma solo quelli loro riservati nella gloria dei cieli.
Giovanna Via
CHAGALL – IL COLORE DEI SOGNI
Mestre, Centro Culturale Candiani 30.09.2023 – 13.02.2024
Si è aperta il 30 settembre l’esposizione pensata per il Centro Culturale Candiani a Mestre di opere e artisti pensati in relazione al grande Maestro del ‘900 Chagall, per il modo di sentire l’arte, per la creatività poetica e la dimensione onirica nell’arte. L’attività espositiva è stata ideata da Fondazione Musei Civici in collaborazione con il Comune di Venezia, sotto la cura di Elisabetta Barisoni e realizzata grazie alle raccolte di numerosi prestiti di opere concesse da importanti Musei internazionali. La rassegna di opere presentate alla mostra CHAGALL, Il colore dei sogni, si articola attraverso sei sezioni che riguardano il vissuto, il modo di sentire e il contesto storico di Chagall. Dal Sogno simbolista con opere che assegnano grande importanza alla dimensione dell’interiorità, nella prima sezione; alla citazione poetica che introduce alla seconda sezione È soltanto mio / il paese che è nell’anima, dedicata al villaggio di origine, Vitebsk e alla tradizione ebraica nella quale è cresciuto. La terza sezione Artisti in esilio è segnata dall’esperienza della dittatura nazista e dall’esperienza dell’esilio dell’artista mentre Il colore dei sogni della quarta sezione è caratterizzata dall’esperienza dell’amore, il vero colore, per Chagall, che dà senso all’arte e alla vita e che è visibile nelle opere che ritraggono le due donne che Chagall ha amato, Bella, la moglie e Vavà, la compagna di vita dopo la scomparsa della moglie. Al Tema religioso in cui sono espressi i sentimenti e le emozioni dell’artista, sono rivolte le opere della quinta sezione, come la figura del Rabbino, appartenente alle collezioni di Ca’ Pesaro, le incisioni per la Bibbia e le Crocifissioni, opere spesso attraversate dalla sofferenza per l’immane tragedia della guerra che lo costrinse all’esilio negli Stati Uniti. Infine, Il colore delle favole è la sezione che esprime al meglio l’anima naïf dell’artista, dedicata alle Favole di La Fontaine.
La mostra consacrata al grande artista del Novecento Chagall si colloca all’interno di un progetto volto a presentare i Maestri del ‘900 iniziato con successo con Klimt e proseguito con Kandinsky, volto a valorizzare il Centro Culturale Candiani di Mestre come laboratorio permanente per l’arte moderna e contemporanea. In tal senso, vuol essere espressione dell’impegno a promuovere le ricerche artistiche che si sono sviluppate nella città di Mestre in particolare nella seconda metà del secolo scorso.
In occasione della mostra, che rimarrà aperta fino al 13.02.2024, sono disponibili numerose attività rivolte alle scuole, alle famiglie e agli adulti, oltre a percorsi per esigenze speciali, questi gratuiti, come conversazioni e esplorazioni plurisensoriali di alcuni dei capolavori esposti in mostre. Il catalogo pensato per la mostra, edito da Lineadacqua e disponibile in versione bilingue italiano / inglese, si offre come strumento di ricerca per approfondire ulteriormente la portata rivoluzionaria della pittura come sogno e come fantasia creatrice.
Roberta Foresta
EL GRECO
Palazzo Reale – Milano, 11 ottobre 2023 – 11 febbraio 2024
Un grande progetto espositivo per la prima volta a Milano, la mostra El Greco è presente negli spazi del Piano Nobile di Palazzo Reale, dall’11 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024. Promossa dal Comune di Milano Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Mondo Mostre, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia la mostra è affidata alla curatela di Juan Antonio García Castro, Palma Martínez – Burgos García e Thomas Clement Salomon, con il coordinamento scientifico di Mila Ortez. La riflessione sulle opere di El Greco viene sviluppata a partire da una grande metafora, quella del labirinto, che fa emergere l’evoluzione artistica del pittore, strettamente collegata con i luoghi in cui ha vissuto e con l’impostazione bizantina delle origini che il pittore recupera in seguito con grande consapevolezza nella maturità artistica. Dal tema del labirinto che si svolge in cinque tappe emerge, come in filigrana, l’importanza della formazione del pittore nell’alveo della produzione cretese di icone che El Greco svilupperà in profondità nella fase della maturità artistica, soprattutto nell’approccio diretto e frontale delle figure dei santi, come si vede nella profonda introspezione e nella forza espressiva dei gesti in San Paolo, San Luca, Il Cristo Salvatore, solo per citare alcune opere e l’esplorazione del tema della religiosità nei dipinti di santi o in scene religiose e devozionali. El Greco dipinge la santità ai tempi della Controriforma e nel farlo riesce a coniugare le esigenze devozionali a servizio della fede e l’eloquenza emozionale dei personaggi raffigurati.
Insieme alla predicazione, anche l’arte doveva muovere l’immaginazione e la volontà all’imitazione di Cristo. La ricerca espressiva di El Greco si nutre dell’indagine iconografica a sua volta approfondita dalla conoscenza della letteratura spirituale che gli fornisce molte indicazioni sui diversi modi e significati di trasmettere le posture emozionali del corpo, del volto, dello sguardo e soprattutto della mano, prestando quindi una grande attenzione alla comunicazione non verbale del linguaggio corporeo. La loro importanza entra in modo irrompente nel mondo artistico di El Greco. Teso tra la maniera greca delle icone e la pittura occidentale, El Greco si forma attraverso i maestri veneziani, soprattutto Tiziano e Tintoretto, presenti nella sezione “Dialoghi con l’Italia”, insieme a Jacopo Bassano e ad altri artisti, e crea un archetipo di ritratto incentrato su un’attenzione tutta particolare alla psicologia, fondata sull’eloquenza della mimica e sull’intensità spirituale dei santi, servendosi di una scenografia che restituisce il senso della veridicità dello spazio reale. La gestione della luce e delle ombre, l’uso del colore e delle pennellate rafforzano la resa dei tratti emotivi dei personaggi rappresentati. Tra quelli esposti in mostra ricordiamo Le lacrime di San Pietro, la Maddalena penitente, San Domenico in preghiera, San Francesco in meditazione in ginocchio. Un modo di dipingere, quello di El Greco, che si radica fortemente nella spiritualità delle icone da una parte e che cerca dall’altra anche di adeguarsi alle richieste della committenza del suo tempo. Questo non gli impedisce di intraprendere una ricerca di una personale narrazione pittorica che sperimenta nel tempo nella libertà e che gli permette di trovare un proprio contenuto figurativo originale che lo ha reso un grande maestro. La mostra vanta l’esposizione di grandi capolavori concessi da importanti musei, quali San Martino e il mendicante e il Laocoonte, provenienti dalla National Gallery di Washington; Jéronimo de Cevallos e San Francesco d’Assisi e frate Leone meditano sulla morte, dal Museo del Prado di Madrid; alcuni prestiti giunti per la prima volta in Italia da parte di istituzioni ecclesiastiche, quali per esempio il Martirio di San Sebastiano dalla Cattedrale di Palencia e l’Espulsione dei mercanti dal tempio dalla Chiesa di San Ginés di Arlés di Madrid. Il catalogo della mostra è edito da Skira Editore.
A cura di Roberta Foresta
PALADINO – 104 DISEGNI DI PULCINELLA
Il ritorno di Mimmo Paladino al Palazzo Reale di Napoli
Quando la sua Montagna di sale riempì lo spazio centrale di Piazza del Plebiscito di Napoli si era nel 1995, mentre nel 2010 la stessa installazione fu esposta, non senza qualche dibattito sulla sua opportunità, nel contesto del giardino ottocentesco di Palazzo Reale. La mostra “I 104 disegni di Pulcinella di PALADINO” esposti al piano nobile del Palazzo dal 6 luglio al 3 ottobre 2023, con il patrocinio del Ministero della cultura, la Direzione generale dei Musei, il Palazzo Reale di Napoli e l’Archivio Paladino, sancisce il ritorno dell’artista campano in questo spazio monumentale. Con tale esposizione Paladino propone un tema che azzarda una connessione tra il contemporaneo e l’arte antica. I suoi disegni risultano inspirati alla serie dedicata a Pulcinella da Giandomenico Tiepolo. Tuttavia la correlazione con la città partenopea si evidenzia dalla stessa iconografia della raccolta; il protagonista della carrellata grafica è la famosissima maschera napoletana, quel Pulcinella amato e bistrattato, croce e delizia della commedia dell’arte del teatro italiano. Nella serenissima repubblica di Venezia di fine settecento, al tramonto della parabola storica della celebre potenza marinara, i racconti su Pulcinella evidenziarono, nei disegni del Tiepolo, il ritratto canzonatorio della società veneziana ormai diventata la caricatura di sè stessa. Di contro nei semplici e beffardi disegni di Paladino, la figura ammaliata e ammaliante di Pulcinella rappresenta il genius loci della sua città.
Il sannita Mimmo Paladino (Paduli 1948), muove le sue intuizioni artistiche sul finire degli anni sessanta, orientando la sua ricerca in svariati campi e linguaggi. Nel suo lavoro ha accostato varie tecniche espressive che spaziano dalla pittura alla scultura, all’incisione; non disdegnando frequenti passaggi in settori artistici diversi, collaborando con i più importanti architetti e designer, da Ettore Sottsass a Mario Botta e Renzo Piano. La passione per il cinema e la fotografia rappresenta un elemento ricorrente nella sua attività. Il suo film Quijote (dall’omonimo romanzo di Cervantes) fu presentato alla 63° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia del 2006. Per la sua vicenda artistica Paladino è considerato una personaggio importante e di collegamento fra il secolo scorso e quello attuale. I 104 disegni di Pulcinella si collocano in maniera preminente nello svariato percorso personale ed artistico di Mimmo Paladino.
Eseguiti dall’artista durante il 1992, senza committenza, i disegni si rifanno al Divertimento per li ragazzi di Giandomenico Tiepolo, conservando anche lo stesso numero di tavole. Tuttavia per il pittore veneto Pulcinella è una allegoria della consunzione storica e politica dell’Ancien Regime e nel contempo una attesa del “mondo novo” tutto da inventarsi dopo il disfacimento della Serenissima. Anche per Paladino il lavoro delle tavole evidenzia un periodo di rivolgimenti politici per sottolineare il naufragio della foga creativa degli anni ottanta arenatasi davanti alla spettacolarizzazione vacua nel mondo dell’arte. La scelta del disegno come mezzo di espressione ha permesso all’autore, a mio avviso, di provare a diversificare i temi resi dal Tiepolo nei suoi disegni. La maschera di Pulcinella, popolare e diretta, permette a Paladino di riprendere il filo concettuale con la storia dell’arte, smarrito precedentemente dalle avanguardie e dai critici. I 104 disegni di Pulcinella di Paladino , Palazzo Reale di Napoli, 6 luglio – 3 ottobre 2023.
Testo e foto di Giovanni Porta