esposito
Bruna Esposito

A questa domanda diretta la mia risposta è altrettanto diretta: si, può. Mi permetto tanta assertività forse poiché da tanti anni insegno nelle Accademie di Belle Arti. A dire il vero, quando preparo e tengo le lezioni, nonostante miei crucci e dubbi e nonostante lo scoramento causato dalle brutalità delle guerre, tra cui le vicine in Ucraina ed in Gaza, non posso concedermi pessimismo. Ho il dovere verso i giovani studenti di mantenere alto e aperto lo sguardo. Me lo impone il ruolo che impersono. Non ho scampo.

Tuttavia, accanto al peso del dovere, emerge un altro sentimento lieve che a volte scaturisce durante le lezioni: la mia gioia nel vedere i giovani mentre gioiscono essi stessi nell’apprendere. Qui, potrei anche trarre una conclusione, concedendomi una scorciatoia, e asserire che l’arte è qualcosa tramite cui con stupore, a volte con diletto, si può apprendere su se stessi e gli altri, sul mondo ed il cosmo, sul tangibile e l’intangibile… Potrei terminare qui questo testo poiché, in effetti, non sarei in grado di aggiungere altro.

Tuttavia sento la spinta per inoltrarmi tra qualche sfumatura della parola ‘apprendere’ poiché credo sia una parola-chiave legata alla speranza. Inizio citando alcuni detti, convinta che nel mare della saggezza popolare si peschino perle chiare: nessuno nasce maestro… chi molto pratica molto impara… c’è sempre tempo per imparare… non si finisce mai d’imparare… Ecco, questi detti già mi aiutano ad asserire che anche tramite l’arte avviene un perpetuo imparare.

Mi riferisco piuttosto all’artefice che, nell’affidarsi all’intuizione seppure folle, nel procedere a tentoni, nell’addentrarsi ondivago, impara da inaspettati doni, fidandosi dei quali accede anche ad inaudite speranze. ‘Solo i folli salveranno il mondo’ è il titolo di un libro di Lamberto Maffei, medico e neuro scienziato, ex presidente del CNR e dell’Accademia dei Lincei, il quale già esplicitamente nel titolo afferma la tesi che poi analiticamente disserta con linguaggio divulgativo comprensibile ai non esperti. Leggendolo mi hanno particolarmente colpito i seguenti passi:

(…) «E’ noto infatti che i due emisferi celebrali, apparentemente uguali per forma e struttura, sono funzionalmente diversi: il sinistro, sede dei centri del linguaggio e della razionalità, è analitico e lavora nel tempo in maniera seriale, il destro, muto, più istintivo e creativo, è dominante nel riconoscimento delle immagini e lavora nello spazio analizzando gli stimoli in parallelo. (…) L’emisfero destro, verosimilmente più antico, ha proprietà più sviluppate nell’ambito della visione e nella interpretazione degli aspetti emotivi dei messaggi sensoriali o di provenienza corticale, ad esempio dalla memoria. Si pensa, sulla base di innumerevoli osservazioni, che questo emisfero sia più istintuale nella riposta agli stimoli sensoriali e di fatto più libero dai vincoli della ragione e più creativo.»1

Oso dire, con mie parole povere, che mi pare le prassi scientifiche analizzino, comparino e comprovino, e oso dire che operando con le arti le percezioni degli artefici possano piuttosto accadere in unisono e soprattutto fidandovisi ciecamente; così alcuni artisti arrivano a credere ad una meta simile al libro succitato: l’arte salverà il mondo. Questa davvero è la più spropositata tra le speranze! Eppure la indica proprio un riconosciuto neuro scienziato… Dubito, subito, di quanto ho appena scritto sulla prassi scientifica poiché mi viene in mente che in tale ambito vengono riconosciute anche inaspettate intuizioni di cui cito dal libro autobiografico ‘Gradini che non finiscono mai’ di Giorgio Parisi, premio Nobel 2021 per la fisica:

(…) «E’ raro che in fisica teorica si abbiano dei veri momenti di ‘eureka’ perché molte delle cose le costruisci pian piano, non con un colpo di fulmine.
La folgorazione la puoi avere sull’intuizione iniziale – a me è capitato varie volte – ma poi il risultato lo ottieni con mesi o anni di calcoli. (…)
Falvaterra era un luogo perfetto per i bambini. Il 3 agosto subito dopo pranzo finalmente riesco ad addormentarli, cosa non facile, e resto in salone quasi al buio con le persiane socchiuse. Stavo lì a fare i conti e alla fine ho ottenuto questo risultato, questa proprietà che si sarebbe rivelata esatta (solo nel 2011, per la precisione a distanza di quasi trent’anni). Non avevo capito proprio tutto, ma ricordo l’emozione, quanto ero colpito per aver ottenuto una cosa che aveva il sapore di una soluzione clamorosa e del tutto nuova, inaspettata anche per me.»2

Apprendo con gioia, leggendo questi stimati scienziati, che l’intuizione è affidabilissima! Al contempo, apprendo anche da quegli artisti che si affidano alla razionalità, per esempio nel novecento i cosiddetti analitici ed i concettuali. Mi domando, coloro cui si manifesta la magnificenza di entrambi gli emisferi celebrali sono i geni come Leonardo da Vinci? Apprendo dall’arte addirittura negli scenari di guerra; per esempio di recente ho visto un film biografico su Glenn Miller, trombettista, compositore e direttore della sua orchestra jazz-swing che, partito volontario nel 1942, ha diretto un’orchestra militare per le truppe. Per esempio, vedendo al Tg i reportage in Ucraina, ho appreso proprio dai violinisti e dai cori nelle strade distrutte; ed a Gerusalemme ho appreso dai giovani musicisti musulmani, ebrei e cristiani decisi a mantenere la loro piccola orchestra unita. Mi domando, nell’ orrore bellico quali corde tocca l’arte? Forse le corde della speranza… Infine mi domando: perché i fanatismi danno l’arte alle fiamme? Perché le dittature hanno paura dell’arte? Al contempo… Perché dopo i cataclismi il prodigarsi dei volontari per salvare dell’arte perfino i cocci? Perché verso tanti luoghi d’arte ci si incammina come pellegrini? Sull’archetipo crinale… La speranza sul filo dell’arte. L’arte sul filo della speranza.

Bruna Esposito
Ottobre 2023


NOTE

1. Lamberto Maffei, Solo i folli cambieranno il mondo – Arte e pazzia, Ed. Il Mulino, Bologna, 2023, pp. 68 – 69.
2. Giorgio Parisi con Piergiorgio Paterlini, Gradini che non finiscono mai – Vita quotidiana di un Premio Nobel, Ed. La nave di Teseo, Milano, 2022, pp. 147 – 148.