Davanti a Dio e alla comunità. Vita liturgica, spirituale e mistica nel Protestantesimo

Michele Cassese
Pazzini editore, Villa Verucchio (RN) 2023, p. 243.

cassese 1La teologia è materia vivente per Martin Lutero. Celebre a questo proposito una sua frase del 1519, che nel secondo commento ai Salmi, icasticamente, riassume una sua profonda convinzione: «Con la vita (vivendo) o piuttosto con la morte e la condanna (morendo e condannando) si diventa teologi, non con il raziocinio, lo studio o la speculazione (comprendendo, leggendo o speculando)» (WA 5, 163, 28). Più di tanta speculazione valeva, per Lutero (e non solo), riflettere sul mistero del dono della Grazia e metterne in pratica i frutti. Del resto, senza la Grazia, neppure la capacità razionale sarebbe totalmente efficace (Cfr. S.Tommaso d’Aquino S.Th, Iª, q.12, a. 5 co ). La fede non è qualcosa di definibile ed ottenibile, ad esempio, con opere, ma è essa stessa manifestazione dell’opera di Dio. Per il riformatore non era una classe particolare a formare la Chiesa, alla quale i credenti potevano aderire o meno, ma essa era bensì formata da tutti i credenti, che rappresentavano il corpo di Cristo e il popolo di Dio: «La Chiesa non è legno e pietra, ma l’insieme delle persone che credono in Cristo. Qui devi soffermarti e vedere come credono, vivono e insegnano» (Lettera del 1530 a J. Agricola).Bisogna, dunque, soffermarsi e vedere come i Cristiani credono, vivono ed insegnano. Leggere il libro di Michele Cassese, Davanti a Dio e alla comunità. Vita liturgica, spirituale e mistica nel Protestantesimo, può essere un valido ausilio per intraprendere questo percorso. Quest’opera offre un’approfondita e avvincente esplorazione del mondo protestante, concentrandosi sulla sua vita liturgica, spirituale e mistica.La prima impressione positiva che ho avuto di questo libro è rappresentata dalla sua profondità e dalla sua capacità di esplorare i diversi aspetti della fede protestante in un’ottica ecumenica. Fin dalle prime pagine, infatti, l’autore dimostra una profonda conoscenza e passione per il tema trattato. La sua scrittura è limpida, accessibile e coinvolgente, rendendo la lettura del libro molto piacevole.Il testo ripercorre un arco cronologico che va dalla Riforma ad oggi illustrando con estrema chiarezza, da un punto di vista storico-dottrinale, le varie forme di culto e liturgia presenti nelle diverse classiche denominazioni protestanti. L’opera offre un quadro completo e ricco di sfumature. Il fine dell’autore, dal mio punto di vista, è quello di permettere al lettore di osservare come il Protestantesimo non sia solo una fede “razionale” o una “rivolta” alla Chiesa di Roma, ma abbracci anche l’esperienza mistica e l’intima relazione con Dio. Questo aspetto del libro è particolarmente interessante e fa dunque emergere la profondità della spiritualità protestante.

Nella sua analisi, inoltre, vengono toccati temi specifici quali le forme di culto, la predicazione, i sacramenti e la musica liturgica. Cassese propone un’analisi dettagliata delle varie denominazioni protestanti, sottolineando le differenze e le somiglianze tra di loro. Questo è particolarmente utile ai lettori non avvezzi a queste tematiche per comprendere meglio la complessità e la diversità di questo movimento religioso.

La scrittura di Cassese è strutturata, organizzata, impeccabile, chiara e coinvolgente, l’autore, peraltro, nel suo excursus, attinge da una vasta bibliografia, che comprende testi classici, teologici e contemporanei, offrendo una prospettiva, assolutamente ecumenica, completa e aggiornata sulla materia trattata, conferendo al libro solidità accademica. Il grande pregio del libro è, dunque, quello di riuscire a trasmettere i contenuti attraverso un linguaggio accessibile, e, come ribadito, allo stesso tempo rigoroso, rendendo il libro adatto sia agli studiosi che ai lettori meno esperti in materia.

In conclusione, consiglio vivamente questo libro a tutti coloro che desiderano ampliare la loro conoscenza e comprensione del Protestantesimo, approfondendone la reale vita liturgica, spirituale e mistica.

Giorgio Ruffa
già presidente dell’Accademia di Studi Luterani in Italia – Venezia


Gesù e i Discepoli di Emmaus nell’Arte

François Boespflug
Pazzini Editore, Collana Arti e Teologie

bSi riporta la prefazione di S. Em. Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Quando l’arte si fa carico dei racconti biblici, si aprono almeno due prospet­tive: da una parte, la Sacra Scrittura presenta nuovamente le sue storie immortali, che hanno saputo incidere per generazioni nella cultura di tanti popoli; dall’altra parte, gli artisti mettono in luce aspetti e dettagli della Bibbia stessa, che sino a quel momento erano rimasti marginali o non erano stati colti. L’artista è infatti al contempo illustratore e innovatore, finestra e lente d’ingrandimento.

Una dinamica analoga si riscontra in questo pregevole volume di François Boespflug. Egli consente al lettore di fare il suo ingresso in una vera e propria galleria d’arte, in cui si possono riconoscere e ammirare capolavori più o meno noti al grande pubblico, basati sul celebre racconto dei discepoli di Emmaus contenuto nel Vangelo secondo Luca (Lc 24,13-35). E si ha subito l’impressio­ne che la Parola di Dio abbia continuato sommessamente ad ispirare nei secoli gli artisti, lasciandosi da loro “riscrivere”.

Ogni anno, nella Terza domenica di Pasqua la liturgia propone opportuna­mente questo brano evangelico, per consentire ai fedeli di interiorizzare una delle più celebri apparizioni di Gesù risorto. Ma sono poi tante le occasioni in cui i credenti possono ascoltare nuovamente questo racconto. Lo si è anche scelto come icona dell’attuale seconda fase del Cammino sinodale, la fase sa­pienziale, delle Chiese che sono in Italia: una scelta felice, perché ci fa ritornare alle radici del nostro essere comunità di fedeli intorno al Risorto e ci spinge a discernere la realtà come lui ha insegnato a fare ai suoi primi discepoli.

Tutti abbiamo quindi avuto modo di conoscere questa pagina evangelica, di meditarla, di farla diventare preghiera. Chi di noi non ha immaginato come sia avvenuto quell’incontro tra il Risorto e i due, che da Gerusalemme proce­devano tristi verso Emmaus? Chi non si è chiesto cosa avremmo fatto al posto loro, se Gesù in persona si fosse fatto nostro compagno di viaggio? Chi non ha desiderato imparare da lui come si interpretano le Scritture? Chi non avrebbe voluto consumare il pasto con lui quella sera per rivivere l’Ultima Cena, ma questa volta con la gioia della risurrezione nel cuore?

Scorrendo le opere scelte da Boespflug si può provare a rispondere con un po’ di fantasia a queste domande. Si può fare cioè l’esperienza di dare corpo all’immaginazione. Una storia apparentemente lontana si materializza nei colori, nelle forme e nei personaggi, che non di rado portano i tratti dell’uma­nità coeva all’artista. È interessante infatti notare come ogni artista tenda a riportare la vicenda di Gesù al proprio presente: gli scenari esterni, le ambien­tazioni interne e persino i tratti somatici dei personaggi sono quelli del suo tempo. L’arte si pone in sintonia con la Parola di Dio, che è insieme eterna e capace di parlare ad ogni persona nel suo specifico contesto di vita.

La scelta di ordinare le opere d’arte secondo la scansione del testo lucano aiuta poi a procedere passo passo con Gesù e i discepoli. Le opere, descritte brevemente ma sempre con encomiabile perizia, illustrano quindi in sin­gole istantanee lo sviluppo del racconto biblico. Come una guida sapiente, Boespflug accompagna il lettore nelle stanze di un museo senza spazio e senza tempo, pronto ad accogliere tutti. Forse proprio qui risiede uno dei meriti più importanti di questo libro, che viene pubblicato in una stagione che si configu­ra sempre più come una sfida non solo per la Chiesa ma per l’intera umanità: il merito di proporre l’arte, in questo caso l’arte che illustra la Parola di Dio, come strumento di umanizzazione. Di fronte a queste opere, tutti – credenti e non credenti – possono riconoscersi fratelli, nello stupore per tanta bellezza e nella contemplazione di un Dio che ha offerto come dono supremo il perdono e la pace.


Edward Hopper. Desiderio e attesa

Andrea Dall’Asta
Ancora, Milano 2023.

hIl tema dell’attesa, da sempre caro agli artisti fin dall’antichità, è stato in modo speciale il tema dominante nelle opere del grande pittore statunitense Edward Hopper (1882-1967). Nel saggio, Edward Hopper. Desiderio e attesa, edito da Ancora, l’autore Andrea Dall’Asta scorge, nell’attesa, la chiave di volta per comprendere Hopper e la sua arte. Dall’amara constatazione della fine del senso dell’attesa nell’odierna società dei consumi, passando per la riflessione sulle radici ebraico-cristiane dell’attesa nella civiltà occidentale, Dall’Asta fa emergere l’originalità dell’arte di Hopper come interpretazione del tutto originale e personale della cultura statunitense, con un proprio linguaggio e una narrazione tesa all’annuncio di una dimensione “altra”, misteriosa, un’attesa e una speranza, potremmo dire, teologiche. La luce, manifestazione del mondo spirituale delle piccole cose della realtà che rappresenta; la dialettica tra un dentro e un fuori in cui Hopper colloca scene di vita ordinaria con i suoi personaggi; le immagini urbane di New York piuttosto che le spiagge o le scogliere del New England, tutto viene raffigurato come restituzione di un istante di sospensione che spinge lo sguardo dello spettatore ad interrogarsi su ciò che precede e segue quell’attimo. La solitudine, il senso di vuoto e di smarrimento, l’incomunicabilità dei personaggi sono in Hopper altrettanti modi di rappresentare istanti di vita densi di attesa, che si dischiudono a una rivelazione o al sopraggiungere di un messaggio che dia senso all’esistenza umana. L’attesa dunque, come rivelativa del desiderio di un incontro, di una speranza di senso, dell’imminenza di un mistero che accade. E’ in questo orizzonte di senso che, secondo Dall’Asta, vanno ulteriormente approfondite le tele di Hopper, nella direzione di un’attesa nella luce che si fa consegna di un messaggio di salvezza nell’ordinarietà della vita. Oltre che per la qualità della ricerca e della riflessione dell’autore il saggio si distingue anche per l’indubbia qualità editoriale visibile nella grammatura della carta, nella resa cromatica delle immagini delle tele di Hopper e nella rilegatura.

Roberta Foresta


Colloqui con quattordici artisti dei Seicento europeo

Maura Sgarro
Kimerik, Roma 2023

L’idea di dialogare con gli artisti del passato in una sorta di ideale superamento del tempo, non è nuova. Ma il taglio che Maura Sgarro, nota psicologa romana, ha dato al suo recente libro (Colloqui con quattordici artisti dei Seicento europeo, Kimerik, Roma 2023) è davvero originale. Innanzitutto perché sembra muovere da una motivazione personale, sentita e vissuta come avventura d’anima. La Sgarro non indulge in analisi psicopatologiche, moda frequente, anche se ha precedenti illustri, ma oggi abusata e talora con poca limpidità. Il suo obiettivo è quello di indagare l’artista in relazione al suo tempo, leggendone la storia nello specchio dell’opera, ma soprattutto di restituirne il profilo umano. Anche per questo l’autrice evita, nell’immaginario degli incontri, di risultare sovrabbondate, intrusiva, lasciando piuttosto la parola agli stessi protagonisti, che paiono entrare nella vita dell’autrice come in una ordinaria avventura, spesso d’improvviso, ma tranquillamente. Nulla di tumultuoso insomma caratterizza questi dialoghi che non sono spettacolari apparizioni, ma feconde e intimistiche narrazioni, incisive e partecipi, analitiche e immersive, capaci non tanto di trasportare il lettore nel tempo, ma l’artista nel presente. Insomma Sgarro funge in questo suo bel libro da testimone. Gli artisti appaiono alla fine non come visioni, ma personaggi credibili, pronti a raccontare e a raccontarsi. C’è indubbiamente alla base di questi singolari colloqui, tutti con grandi artisti del secolo barocco, da Rubens ad Elsheimer, una attenta ricostruzione biografica e una sensibile lettura critica. Due riferimenti mi paiono a tale proposito emblematici, quello di Vermeer, di cui l’autrice analizza con cura il tratto umano, con i suoi risvolti privati e la sua sublime narrazione della luce e quello di George de la Tour, artista controverso, come è noto, geniale interprete del caravaggismo, ma anche uomo difficile, di cui la Sgarro analizza, sempre per voce del maestro, il tratto interiore, compiendo il miracolo di una coniugazione non sempre facile tra arte e vita. Il libro stesso, per come è composto, con una esplicativa premessa, un’ampia bibliografia e il corredo delle felici illustrazioni di Cesare Ripa, ha una sua originalità, testimoniata del resto dalla preziosità della edizione. Un libro insolito, che prende: quasi un viaggio dentro se stesso nella lente del mondo artistico seicentesco, di cui i sedici autori sono protagonisti, ancora oggi, nel grande teatro della vita.
Giorgio Agnisola