Gianluca BlanciniGB

Taizè a community on the way by Blancini
The author rereads the experience of Taizè and its founder Roger Schultz in the light of the theme of pilgrimage understood above all as the search of God in the dynamics of the provisional. From the pilgrim dimension of faith springs a threefold movement: the first concerns the birth of the Taizè community; the second the commitment to peace in the world, the third the search for fraternity and communion beyond the confessional frontiers.

Introduzione
 
Nous sommes tous des chercheurs”, soleva ripetere il Fondatore di Taizé, frère Roger Schutz (1915-2005). Il suo pensiero e l’esperienza da lui vissuta si sono sempre ispirate alla “dinamica del provvisorio”1 che suggerisce di passare da un inizio a un nuovo inizio costantemente, sempre pronti a lasciare ogni cosa per procedere in modo risoluto, lasciandosi guidare dallo Spirito e dalle esigenze contingenti della storia e delle persone. La sua vita e di conseguenza quella della sua Comunità sono state un pellegrinaggio continuo, concreto e spirituale, in cui “per trovare la fonte solo la sete […] illumina”, come recita uno dei canti liturgici di Taizé ispirato alle parole di San Giovanni della Croce, tra i preferiti del Priore.
A conferma di questa indole peregrinante dell’esperienza di Taizé, San Giovanni Paolo II, in visita alla Comunità nell’ottobre 1986, disse di sé:

Comme vous, pèlerins et amis de la communauté, le Pape n’est que de passage. Mais on passe à Taizé comme on passe près d’une source. Le voyageur s’arrête, se désaltère et continue sa route”.2

Si può ben dire che il tema del pellegrinaggio sappia sintetizzare l’esperienza di Taizé, almeno in alcuni suoi aspetti principali. Vi si possono riconoscere tre dimensioni o dinamiche: la prima verso Taizé, la seconda da Taizé verso il mondo e in particolare l’Europa e l’Oriente cristiano e una terza, più interiore e spirituale, che ha riguardato la vita stessa della Comunità e del Fondatore, oltre le frontiere delle appartenenze confessionali, attraverso un cammino di riconciliazione a tutto campo in vista della credibilità del messaggio evangelico.

Una comunità in cammino

La nascita della Comunità di Taizé avvenne grazie a un percorso di ricerca spirituale iniziato a Ginevra che condusse il giovane svizzero, allora venticinquenne, Roger Schutz, a raggiungere la collina della Borgogna in bicicletta, con lo scopo di soccorrere il paese della madre, la Francia, allora diviso in due dalla guerra per vivere un’esperienza di solidarietà con i rifugiati e gli oppressi nel bel mezzo del conflitto mondiale, soprattutto nei confronti di molti ebrei che tentavano la fuga di fronte all’incedere della furia nazista.
 
Dopo la formazione del primo nucleo comunitario, Taizé divenne nel tempo luogo privilegiato dalle giovani generazioni in ricerca. Gli anni Sessanta videro un crescente afflusso di persone che indussero la Comunità ad ampliare gli spazi dedicati all’accoglienza dei pellegrini e ispirarono nella mente del Priore l’idea di convocare un “Concilio dei giovani”, memore dell’esperienza vissuta al Concilio Vaticano II come ospite del Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Preceduto da alcuni incontri annuali cui parteciparono giovani e responsabili di Chiesa, l’evento fu annunciato nel 1970, a Pasqua, con un breve testo dal titolo Joyeuse nouvelle3 contenente quattro frasi che avrebbero dovuto ispirare la riflessione comune fino al 1974, anno in cui ebbe luogo a partire dal 30 agosto con la partecipazione di giovani e testimoni autorevoli provenienti dall’Europa e da tutti i continenti.
 
Alcuni anni dopo, per amore della Chiesa e per evitare di conseguenza che quanto si andava creando attorno alla Comunità andasse a formare un nuovo movimento ecclesiale e come tale costituisse un’ulteriore cesura nel tessuto della comunione tra i cristiani, il Fondatore di Taizé volle la “mise en veilleuse” del Concilio e un cambiamento di direzione e di stile. L’organizzazione annuale di incontri europei di giovani nelle grandi città europee, realizzò di lì in poi quanto frère Roger aveva inteso proponendo il Concilio dei Giovani e nel 1980 a Roma prese precisamente il nome di Pèlerinage de confiance sur la terre.4
Scrissero a questo proposito gli autori di uno dei primi studi pubblicati sulla storia di Taizé:

 “Actuellement, la solidarité et la communion avec « tout le genre humain » se vivent à travers le Pèlerinage de confiance sur la Terre. Quand on parcourt la Lettre de Taizé des années quatre-vingt, on voit que l’expression « pèlerinage » évoque une mise en marche de chacun, ce n’est pas un événement réservé aux seuls jeunes, tous peuvent y prendre part. Chacun peut faire de sa propre vie un pèlerinage intérieur vers Dieu et aussi une marche à la rencontre des autres : de personne à personne, de famille à famille, de groupe à groupe, d’une paroisse à une autre, d’une ville à une autre. […] Depuis 1982, et selon une idée venue des jeunes d’Europe de l’Est enfermés dans leurs frontières, la Croix de Taizé en est devenue le symbole”.5

Il Pellegrinaggio di Fiducia, all’insegna dell’impegno per la riconciliazione e la pace, raggiunse nei decenni successivi e fino ad oggi, le principali capitali e città europee tra la fine di ogni anno e l’inizio del successivo e in altri momenti si estese a livello mondiale oltre i confini culturali, geografici e confessionali ponendosi come fermento di comunione nel cuore di un’umanità frammentata e radicandosi sempre nei contesti locali.
 
Con la caduta del Muro di Berlino il percorso toccò anche i paesi dell’Est e vide un numero crescente di partecipanti (si superarono di gran lunga le centomila presenze), consolidando così i legami che la Comunità di Taizé aveva intessuto fin dagli inizi degli anni Sessanta con le Chiese di quell’orizzonte geografico e politico, suscitando un vero “vivaio di leader del post-comunismo” che si formarono spiritualmente anche alla sua scuola.6
L’intellettuale francese Marguérite Léna (1939-), allieva di Paul Ricœur (1913-2005), sintetizzò lucidamente gli esiti di questo percorso sulla rivista Etudes:

“… la storia giudicherà forse che l’Europa non s’è costruita solo a Roma, Strasburgo o Bruxelles, ma anche in quel minuscolo villaggio della Borgogna dove la gioventù europea dell’Est e dell’Ovest, e anche degli altri continenti, non si stanca di andare”.7

A proposito dei contatti con la Chiesa russa e con i paesi dell’Est, le visite, svolte spesso in forma privata e non ufficiale, iniziarono in Germania dell’Est un anno dopo la costruzione del Muro di Berlino e ben presto raggiunsero altri paesi. Oltre ai fratelli della Comunità, presero parte a queste iniziative anche alcuni giovani volontari con l’intento di sostenere i cristiani spesso perseguitati e di incoraggiare alcune iniziative anche ecumeniche, con grande prudenza. Così si tennero molto presto in Germania dell’Est tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo alcuni incontri importanti di giovani, talvolta preparati a lungo e in maniera nascosta. Diverse migliaia di giovani si ritrovarono così a Dresda, Magdeburgo, Erfurt, Schwerin, generando un fronte pacifico di fronte alle forze di polizia che dovettero consentire a frère Roger di parlare in pubblico.

Molto sovente, queste visite dovettero svolgersi nel silenzio, così a Budapest agli inizi degli anni Ottanta e a Praga in due occasioni: Radim Palous (1924-2015), fondatore e portavoce di Charta 77 ricordò una frase pronunciata dal Fondatore di Taizé nel corso di una riunione del suo movimento: “Si je ne peux pas parler avec vous, je me tairai avec vous”. Una situazione analoga si presentò nel 1988 a Praga: nella cattedrale cittadina, accompagnato dal Card. František Tomàšek (1899-1992), frère Roger non poté fare altro che pregare, nonostante la chiesa fosse gremita di persone tra cui Václav Havel (1936-2011), appena scarcerato; questi non immaginava che di lì a due anni avrebbe accolto nello stesso luogo in maniera ufficiale 80.000 giovani provenienti da tutta l’Europa per il Pellegrinaggio di Fiducia. Anche con la Polonia i rapporti e le visite iniziarono negli anni Sessanta e alimentarono le relazioni con gli ambienti intellettuali cattolici, con Jerzy Turowicz (1912-1999), direttore del settimanale polacco Tygodnik Powszechny, e con il Card. Karol Wojtyła. Negli anni seguenti, nonostante la legge marziale in vigore, migliaia di giovani mantennero in vita queste relazioni con la Comunità tessendo una rete fitta e diffusa di contatti interpersonali, anche dove la libertà di stampa non era ammessa.

Il tema della persecuzione subita dei cristiani nei paesi dell’Est e del riconoscimento del valore del martirio vissuto da quei popoli costituì uno degli elementi su cui si concentrò la dinamica della riconciliazione proposta da Taizé. Già nel 1958 frère Roger aveva proposto ai membri del Terz’Ordine della Comunità una riflessione a questo riguardo, così e in misura più ampia avvenne nel corso del Concilio dei Giovani e nella proposta del passaggio al Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra contenuta nel documento Actes 1979 che proponeva la preghiera silenziosa attorno alla croce in comunione con i cristiani perseguitati nei paesi totalitari. La preghiera, il venerdì sera, accompagnata da un canto ripetitivo o dal silenzio, voleva esprimere solidarietà nei confronti di chi viveva questo “rendez-vous invisible8. Anche nel corso del Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra la Lettre de Varsovie, composta per l’incontro di Londra del 1982, frère Roger sollecitava i giovani a edificare la pace mediante il perdono e a ricercare la fiducia e la comunione tra i popoli con parole che in seguito risultarono profetiche: “Avec toute une jeune humanité à travers la terre, tu attends que s’abaissent les frontières entre les peuples”. Il Priore incoraggiava a seguire il Cristo Risorto nel suo pellegrinaggio come Crocifisso attraverso l’umanità. Appelli analoghi risuonarono a Colonia del 1984 e a Praga nel 1990:

Il en est qui se sont levés et, le mains nues, ont fait tomber des murailles de peurs et d’humiliations. Ils savaient qu’il n’y a pas un peuple plus coupable qu’un autre. […] Il est si essentiel de ne jamais humilier les membres d’une nation dont certains dirigeants ont commis dans l’histoire des actes de terreur.9
Anche per questo impegno in favore della riconciliazione e della pace frère Roger venne considerato come uno dei padri spirituali dell’Europa unita; ne sono prova i riconoscimenti che gli vennero assegnati: il Premio per l’Educazione alla pace, consegnatogli nel 1988 a Parigi da Federico Mayor, direttore generale dell’UNESCO, il Premio Carlo Magno di Aix-la-Chapelle nel maggio 1989 e nel 1992 il Premio Robert Schumann, alla cui consegna il Consiglio d’Europa attraverso il suo Segretario generale dichiarò:
L’Europe a besoin de ces rencontres et de cette main tendue… Vous êtes européen non seulement parce que vous rassemblez les peuples d’Europe mais parce que vous apportez ce dont ces peuples ont le plus besoin : un message de paix, d’amour et de réconciliation”.10

Il passaggio dal Concilio dei Giovani al Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra evidenzia la seconda dimensione del pellegrinaggio in riferimento all’esperienza di Taizé: quella che procede dalla Comunità verso le città e le periferie del mondo. Certo questo non è l’unico impegno che il Fondatore di Taizé volle assumere, ma connota in maniera forte questa seconda direzione del cammino. Accanto a questa iniziativa molto articolata si possono annoverare i rapporti intrattenuti con le Chiese dell’Est europeo fin dagli anni Sessanta, già citati, l’incontro con il Patriarca Atenagora (1886-1972) ai tempi della preparazione del Concilio Vaticano II, nel febbraio del 1962, la partecipazione alle celebrazioni del Millenario del Monte Athos nel 1963, la visita a Mosca dal 14 al 20 giugno 1978 e poi ancora nel 1988, così come molte altre occasioni di incontro con comunità, teologi e responsabili di Chiesa di matrice protestante, cattolica e ortodossa.11

La terza dimensione del pellegrinaggio della Comunità di Taizé, più intima e spirituale, assume il carattere della riconciliazione personale e comunitaria. Con questo termine il Priore volle indicare inizialmente l’iniziativa del Pellegrinaggio di Fiducia e in seguito la sua propria singolare esperienza, condivisa dalla sua Comunità, di vivere, anticipandola, la bellezza di una comunione ritrovata oltre i confini confessionali.

Se in un primo tempo frère Roger nei suoi scritti aveva invocato la possibilità di una “doppia appartenenza” confessionale transitoria, di passaggio, per quanti seguivano il suo percorso in preparazione del Concilio dei Giovani, in un secondo momento aveva maturato la consapevolezza della necessità di una comunione visibile e concreta con la Chiesa di Roma, rifiutando l’intercomunione e aveva rinunciato ad oltranza a celebrare la Santa Cena, richiamando altresì i fratelli impegnati nei consigli di Chiesa protestanti.

Nel frattempo, in vista dell’impegno monastico del primo fratello cattolico in Comunità nel 1972, aveva ottenuto dal vescovo della sua diocesi di Autun, Mons. Armand Le Bourgeois (1911-2005), di accostarsi all’Eucaristia cattolica, seguendo l’esempio della nonna materna di tanti anni prima.12
Scriveva frère Roger in un primo tempo, riferendosi a quanto gli avevano ispirato l’amicizia e il consiglio di Papa Giovanni XXIII:

Notre responsabilité de chrétiens, c’est la crédibilité de l’Eglise aux yeux des hommes qui ne peuvent croire. […] L’œcuménicité, la catholicité de l’Eglise, c’est du feu. Oui, pour la crédibilité de l’Eglise, il est essentiel que notre communion redevienne toujours à nouveau visible aux yeux de tous. Pour qu’elle se voie dans des signes d’Eglise, cela suppose beaucoup d’imagination, de créativité : cela suppose aussi une pauvreté de moyens toujours liée à un message d’Évangile”.13

Durante la terza tappa del Pellegrinaggio, a Roma il 30 dicembre 1980, frère Roger dichiarò pubblicamente e davanti al Papa la sua personale e definitiva riconciliazione con il mistero della fede cattolica, senza pertanto rinnegare la fede calvinista delle sue origini, ma riconoscendo il ruolo della Chiesa di Roma in riferimento alla promozione dell’unità di tutte le Chiese, affinché ecumenicità, cattolicità e credibilità del messaggio cristiano ritrovassero il loro collegamento vitale e si aprisse un cammino di riconciliazione possibile per ogni cristiano:

Très Saint Père,
Si nous sommes à Rome, venus de toute l’Europe, de la Finlande à la péninsule ibérique, de la Pologne à l’Ecosse, c’est pour chercher des chemins de réconciliation. […]
Ce qui, depuis des années, captive tant de jeunes dans la réconciliation des chrétiens, c’est que le Christ veut faire de cette unique communion qui est son Eglise, un ferment de réconciliation et d’amitié pour toute la communauté humaine, et cela n’est pas sans conséquences créatrices pour la paix mondiale. Aussi, aujourd’hui, pour les nouvelles générations, la réconciliation ne supporte-elle plus de retard.
Puis-je vous dire, comme je l’exprimais en juin dernier lors de la célébration de la Confession d’Augsburg, que, pour ma part, à la suite de ma grand-mère, sans pour autant être un symbole de reniement pour quiconque, j’ai trouvé ma propre identité de chrétien en réconciliant, en mes profondeurs, le courant de foi de mes origines protestantes avec la foi de l’Eglise catholique
”.14

A mettere il sigillo e a consacrare il percorso di riconciliazione intrapreso dal Fondatore fu la sua morte tragica, avvenuta proprio durante un incontro intercontinentale estivo a Taizé il 16 agosto 2005, per mano di una giovane donna rumena squilibrata. I suoi funerali, presieduti dal Card. Walter Kasper (1933-), divennero una grande celebrazione ecumenica cui presero parte molte autorità civili e responsabili di Chiese di diverse confessioni. Una presenza davvero numerosa e multiforme sottolineò il valore della vocazione vissuta da frère Roger sulla collina di Taizé e diede risonanza al suo impegno per l’unità dei cristiani attraverso la creazione di una “parabola di comunione” in continuo pellegrinaggio.

Una creazione continua nella dinamica del provvisorio

L’esperienza spirituale viva di un ecumenismo pellegrinante di frère Roger e della sua Comunità costituisce una decisa apertura a una visione teologica in dialogo costante e creativo. Non sfuggono a questa dinamica la ricerca costante della verità, della bontà e della bellezza, soprattutto delle espressioni liturgiche: bellezza, bontà e verità della comunione vissuta nel Cristo che riconcilia ogni creatura. L’approccio teologico e spirituale del Fondatore di Taizé può definirsi una teologia estetica cristiana a servizio dell’amore, una pedagogia dell’interiorità sempre animata dal senso della provvisorietà e aperta ad un aggiornamento costante in rapporto con gli interrogativi della storia.

Il linguaggio simbolico adottato dal Priore, definito “prosa meditativa”, sottende una concezione dell’uomo meno intellettuale e più integrale, capace di unire nell’intelligenza della fede le componenti logiche, affettive, e spirituali.15 Per il Fondatore di Taizé infatti il mondo contemporaneo più che di idee ha bisogno di immagini, di un linguaggio simbolico capace di comunicare al mondo il mistero di Dio:

“Quando il mistero di Dio è reso percettibile dalla bellezza semplice dei simboli, quando non è soffocato da una ridondanza di parole, un’ampia preghiera comune, lungi dal distillare la monotonia e la noia, viene ad aprire alla gioia di Dio sulla terra degli esseri umani. Allora da ogni parte si accorre per scoprire ciò di cui inconsciamente l’essere umano si era privato”.16

La “parabola di Taizé”, voluta come immagine visibile di una Chiesa capace di generare una testimonianza decifrabile, credibile e partecipabile, sa comunicare una realtà inconfutabile: la comunione è possibile e può essere espressa in forme che superano il linguaggio verbale e abbracciano la vita stessa attraverso la solidarietà vissuta, la liturgia, la musica, l’arte e le suggestioni poetico-creative. Queste dimensioni non solo esprimono, ma condividono il mistero della verità a livello esistenziale, prima che morale, giuridico o dottrinale e dimostrano che la testimonianza è una dimensione stessa della verità e non soltanto una sua condizione previa, secondo le intuizioni di Ghislain Lafont.17
Questa comprensione, che apre alla dimensione contemplativa della conoscenza e al cuore come luogo del conoscere, si trova in consonanza con la teologia orientale e richiama la concezione russa di verità in quanto istina, il cui significato etimologico, riconducibile all’infinito del verbo essere, la connota in senso ontologico come qualcosa di vivo e permanente.18

In ragione dell’attitudine alla dinamica del superamento, anche la liturgia della Comunità ha conosciuto profondi mutamenti; attraverso il pellegrinaggio spirituale vissuto, essa si è contaminata e arricchita attingendo a diverse fonti, senza mai scadere nell’imitazione, ma rielaborando i canoni delle tradizioni occidentale e orientale all’interno di un progetto inedito. Così l’amore per le icone, alcuni canti, la forma stessa della preghiera ripetitiva che richiama la pratica dell’esicasmo sono divenute caratteristiche distintive della preghiera di Taizé.19

Ispirata dapprima alle forme benedettine, ritmate da salmi ugonotti, la liturgia di Taizé, conobbe una svolta creativa grazie al contributo del padre Joseph Gelineau (1920-2008) e del musicista Jacques Berthier (1923-1994), con l’introduzione dei canti ripetitivi in diverse lingue al fine di consentire ai giovani che frequentavano la Comunità o che partecipavano agli incontri di divenire parte attiva nelle preghiere.20 Anche la liturgia eucaristica della Comunità, grazie al contributo di frère Max Thurian (1921-1996), divenne nel tempo più aperta nella sua forma alle celebrazioni cattoliche e ortodosse, anticipando per molti aspetti la riforma voluta dal Concilio Vaticano II.21
Così l’opera di frère Eric de Saussure (1925-2007), artista riconosciuto a livello internazionale e autore dell’icona della Vergine posta nella Chiesa della Riconciliazione e soprattutto della conosciutissima Croce di Taizé, ha sostenuto questo processo creativo di integrazione liturgica tra forme orientali e spiritualità occidentali che ha dato luogo a dinamiche espressive non presenti come tali in precedenza, ma nate esattamente dall’incontro tra le culture e le prassi liturgiche. La preghiera attorno alla croce, che si tiene a Taizé ogni venerdì sera e viene ripresa oggi in più parti del mondo, rappresenta una tipica forma celebrativa inedita che, posta in collegamento con la liturgia della luce della resurrezione il sabato sera, sa operare una sintesi tra la sottolineatura occidentale del Venerdì Santo e quella orientale della Risurrezione unendo due anime inseparabili del cristianesimo.22

Conclusione

In questi tempi in cui la comunione è negata o messa a dura prova, tra i cristiani e più in generale tra gli esseri umani, l’esempio di Taizé e di frère Roger suggeriscono orizzonti di pace e di dialogo. Dall’esperienza vissuta si possono trarre preziosi insegnamenti: solo il dialogo e la solidarietà sono capaci di attraversare le frontiere senza prevaricazioni e possono contribuire ad abbattere i muri dell’indifferenza, delle appartenenze esclusive e ingannatrici e soprattutto il muro apparentemente più invalicabile, quello del sospetto.

Il cammino intrapreso dal Fondatore di Taizé e dalla sua Comunità, che trova una consonanza con l’esperienza del Pellegrino russo23, indica che costruendo la fiducia e alimentando il senso di fraternità si possono raggiungere mete inattese e insperate.

In nome della riconciliazione, frère Roger ha saputo valicare confini geografici e confessionali e ha aperto le porte ad un tempo post-confessionale, consentendo a molti giovani di sentirsi parte del Popolo di Dio e di impegnarsi per la pace e la fraternità tra gli esseri umani. Il suo messaggio di amore per la bellezza del mistero di Dio e dell’uomo possa ispirare le menti e i cuori anche in questo nostro tempo e susciti una sana obiezione di coscienza rispetto alla bruttezza della rivalità, dello scontro e dell’oppressione dell’uomo sull’uomo, se è vero che l’unica forma di forza ammessa dal Vangelo è la “violence des pacifiques”.24

NOTE


1. Cfr. R. Schutz, Dynamique du provisoire, Les Presses de Taizé, Taizé, 1965.
2. J.C. Escaffit e M. Rasiwala, Histoire de Taizé, Éditions du Seuil, Paris, 2008, p. 200. Cfr. Communauté de Taizé, On passe à Taizé comme on passe près d’une source. Le pape Jean-Paul II à Taizé, Les Presses de Taizé, Taizé, 1988. Cfr. anche Discours du Saint-Père à la Communauté de Taizé, (Conservato a Taizé).
3. Pubblicato in un numero speciale della Lettre de Taizé, il testo annunciava il Concilio come un’avventura interiore, posta nella provvisorietà di un avvenimento situato nel tempo e rivolta al Popolo di Dio.
4. Tale passaggio risulta documentato da un passo del diario di frère Roger nel 1979 pubblicato nel 1985. Cfr. Frère Roger de Taizé, Passion d’une attente, Éditions du Seuil, Paris, 1985, p. 73.
5. Escaffit – Rasiwala, Histoire de Taizé, p. 200-201.
6. Cfr. E. Montanari, La Comunità di Taizé e l’Europa Centro-Orientale, Tesi di Licenza in Teologia-Patristica, Facoltà di Scienze Ecclesiastiche Orientali, Pontificio Istituto Orientale, Roma, 2002, p. 46. L’anno scorso, segnato dalla pandemia da Covid-19, l’incontro si è svolto online, e quest’anno si è svolto in forma del tutto inedita a Torino nel mese di luglio.
7. Così citato da K. Spink, Frère Roger, fondatore di Taizé, EDB, Bologna, 1987, p. 74. La dimensione simbolica dell’avvicinamento tra i giovani durante il Pellegrinaggio è molto ben evidenziata in M. Léna, Taizé, in Etudes, Juillet-Août (1992) p. 119. Cfr. anche M. Léna, Une parabole de communion, in Taizé, au vif de l’espérance, Bayard, Paris, 2002, p. 11s. Sul ruolo di Taizé e sull’esperienza di riconciliazione che ha inaugurato cfr. S. Laplane, Taizé: le sens d’une urgence, in Tychique, 136 (1998) p. 28s.
8. Cfr. Communauté de Taizé, Le vendredi soir : Prière d’adoration autour de la croix, in Lettre de Taizé, 56 (1979) p. 3.
9. Frere Roger de Taize, Lettre de Prague, in Lettre de Taizé, 144 (1991) p. 4.
10. Cfr. Escaffit – Rasiwala, Histoire de Taizé, p. 146-147.
11. Per un approfondimento di questi eventi e per una lettura teologica delle consonanze teologiche tra la Comunità di Taizé e l’Ortodossia cfr. G. Blancini, Pellegrini in Oriente, la Comunità di Taizé e il mondo ortodosso, Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia, Pratovecchio Stia (AR), 2018, p. 77s.
12. Frère Roger de Taizé, Dieu ne peut qu’aimer, Ateliers et Presses de Taizé, Taizé, 2001, p. 84-85.
13. Il testo costituisce un messaggio rivolto ad una non meglio specificata assemblea tenutasi ad Assisi e porta la data del giorno di Ognissanti 1972. Cfr. (Conservato a Taizé).
14. Discorso pubblico di frère Roger a Giovanni Paolo II, Roma, 30/12/1980; cfr. anche Frère Roger de Taizé, Passion d’une attente, p. 167-168.
15. Cfr. G. Lafont, Immaginare la Chiesa cattolica, traduzione di F. Moscatelli, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1998, 78s.
16. Frère Roger di Taizé, Lettera dal deserto, Les Presses de Taizé, Taizé, 1987, p. 13.
17. Cfr. Lafont, Immaginare la Chiesa cattolica, p 90.
18. Cfr. N. Valentini, Bellezza, ascesi e liturgia. Un confronto con il pensiero ortodosso russo, in Hermeneutica, (2003) (Nuova serie) p. 205s; N. Valentini, La rivelazione dell’amore. Il contributo di Pavel A. Florenskij, in Path, 2 (2006) p. 442s
19. Cfr. Frère Luc de Taizé, Des icônes pour prier, Les Presses de Taizé, Taizé, 2003. Sul tema delle icone si esprime anche frère Jean-Marc (1966-) e Frère Jean-Marc de Taizé, Les icônes, in Les Cahiers de Taizé, 16 (2011).
20. Questa apertura che suggeriva l’integrazione nella pietà riformata di elementi derivati dal cattolicesimo si è estesa, grazie al movimento Église et Liturgie e alle Comunità di Taizé e Grandchamp, anche al patrimonio liturgico dell’Oriente cristiano.
21. Cfr. M. Thurian, Joie du ciel sur la terre. Introduction à la vie liturgique, Delachaux & Niestlé, Neuchâtel, 1946.p. 7. Frère Daniel de Montmollin (2021-), uno dei primissimi membri della Comunità, artista e ceramista riconosciuto a livello internazionale, rifletteva già nel 1959 sul rapporto tra l’arte, la liturgia ed il sacro cfr. D. de Montmollin, Le sacré, l’art et la liturgie, in Verbum Caro, 52 (1959) p. 376.
22. Accanto a queste nuove forme espressive, il fondatore di Taizé ha voluto rivalutare, in consonanza con l’Oriente cristiano, alcune feste delle quali in Occidente si era un po’ dimenticata la ricchezza. Si tratta in particolare della festa del Nome di Gesù il 1° gennaio, insieme all’Epifania, apparizione della luce del Cristo nel mondo, il 6 gennaio, e alla Trasfigurazione, il 6 agosto.
23. Cfr. O. Clément, Les visionnaires, Desclée de Brouwer, Paris, 1986, p. 207s. Michel Evdokimov, figlio di Pavel Evdokimov, riconosce a Taizé una consonanza con l’Oriente: l’aver posto l’accento sulla bellezza in rapporto con la bontà, riferendosi al testo biblico della creazione. Il cristianesimo purificato dall’atteggiamento moralistico può favorire l’apertura alla bellezza del mistero di Dio, unita all’interesse nei confronti del mondo. Cfr. Intervista con Michel Evdokimov, Sceaux (FR) 18/11/2014, a disposizione presso l’autore.
24. Cfr. R. Schutz, Violence des pacifiques, Les Presses de Taizé, Taizé, 1968.